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Analisi Fisiologica e Dinamiche di Sopravvivenza dell'Alveare nel Mese di Gennaio
Foto di NamHarper da Pixabay

Analisi Fisiologica e Dinamiche di Sopravvivenza dell’Alveare nel Mese di Gennaio

Gennaio rappresenta il fulcro della resilienza biologica di Apis mellifera, un periodo in cui la colonia smette di operare come aggregato di individui per farsi “superorganismo” termoregolato. Al centro di questa strategia risiede il glomere invernale, una struttura dinamica in cui il mantenimento dell’omeostasi termica dipende direttamente dal consumo metabolico delle riserve glucidiche. La letteratura (Southwick, 1991) evidenzia come le api producano calore attraverso micro-vibrazioni dei muscoli ascellari, creando un nucleo centrale che deve rimanere stabile tra i 20oC e i 30oC. La sopravvivenza non è tuttavia legata solo alla produzione di calore, ma alla capacità del glomere di traslare all’interno dell’arnia per mantenere il contatto con le scorte opercolate; un prolungato calo termico può indurre il fenomeno del blocco termico del glomere, dove la colonia perisce per inedia pur avendo miele a breve distanza, a causa dell’incapacità fisica di rompere la compattezza del gruppo per alimentarsi.

Fisiologia delle Api Diutine e Gestione Nutrizionale

Le api che popolano l’alveare a gennaio sono biochimicamente distinte dalle coorti estive: queste “api invernali” o diutine possiedono elevati livelli di vitellogenina nei corpi grassi, una glicofosfoproteina che conferisce longevità e funge da riserva immunitaria e nutritiva (Amdam et al., 2003).

Curiosità Scientifica

Il segreto risiede nella vitellogenina, una glicofosfoproteina accumulata nei corpi grassi. Non è solo una riserva energetica: la vitellogenina agisce come un potente antiossidante, proteggendo l’ape dallo stress ossidativo e potenziando il sistema immunitario durante i lunghi mesi di clausura. È il ‘carburante’ che permette alle api di gennaio di mantenere le ghiandole ipofaringee funzionali, pronte a nutrire la prima covata primaverile prima ancora della comparsa del primo polline.

Qualsiasi disturbo esterno, come ispezioni invasive o vibrazioni, induce un picco metabolico che degrada precocemente queste riserve, compromettendo la capacità della colonia di allevare la prima covata a fine inverno. Pertanto, la valutazione delle scorte deve avvenire tramite metodologie non invasive, come il pesamento ponderale dell’arnia. In caso di deficit, l’integrazione deve avvenire esclusivamente tramite candito glucidico solido, poiché gli sciroppi liquidi introdurrebbero un eccesso di umidità che le api non potrebbero ventilare a basse temperature, favorendo l’insorgenza di patologie enteriche come la Nosemiasi (Nosema ceranae), spesso diagnosticabile tramite l’osservazione di deiezioni anomale durante i rari voli di purificazione nelle giornate miti (Higes et al., 2008).

Termodinamica, Umidità e Difesa dell’Ambiente Alveare

Un fattore critico spesso sottovalutato è la gestione della pressione parziale del vapore acqueo all’interno dell’arnia. Il metabolismo del miele genera acqua che, se condensa sopra il glomere a causa di un isolamento superiore insufficiente, ne causa il raffreddamento per conduzione, portando a morte rapida. L’uso di coprifavi isolanti o materiali igroscopici, unitamente a fondi a rete che permettano il deflusso della CO2​ e dell’umidità per gravità, è essenziale per mantenere un microclima salubre (Meikle et al., 2015). Parallelamente alla gestione termica, l’apicoltore deve garantire l’integrità meccanica dell’arnia contro i predatori: l’intrusione di roditori (Apodemus sylvaticus) non solo causa danni fisici ai favi, ma genera uno stress acustico e vibratorio che accelera il consumo di scorte.

Diagnostica Non Invasiva: Il Linguaggio dei Detriti
Tipologia di Detrito Interpretazione Scientifica Azione Consigliata
Scagliette di Cera Chiara Consumo attivo delle scorte. La colonia sta rimuovendo gli opercoli per accedere al miele. È un indicatore di vitalità e metabolismo attivo. Nessun intervento richiesto. Monitorare solo che la posizione delle strisce di cera avanzi regolarmente.
Cristalli di Zucchero Igroscopicità insufficiente. Il miele è troppo cristallizzato o l’ambiente è troppo secco; le api faticano a sciogliere le scorte per l’assenza di acqua. Valutare la somministrazione di un candito morbido o più idratato per agevolare l’alimentazione.
Macchie Fecali (Giallo/Marrone) Stress intestinale o Nosemiasi. Possibile presenza di Nosema spp. o dissenteria dovuta a voli di purificazione impossibilitati o scorte di cattiva qualità. Evitare ogni disturbo. Migliorare la ventilazione e assicurarsi che le api non siano soggette a vibrazioni o rumori.
Frammenti di Zampe o Ali Incursione di predatori. Segno inequivocabile di una violazione dello spazio vitale da parte di roditori o vespe predatrici durante il torpore delle api. Verificare e ripristinare immediatamente l’integrità dei riduttori d’ingresso (griglie anti-topo).
Presenza di Muffa Eccesso di umidità relativa. Scarsa circolazione d’aria o “punto di rugiada” posizionato all’interno dell’arnia. Rischio di ascosferiosi (covata calcificata). Aumentare l’isolamento superiore del coprifavo e verificare che il fondo a rete non sia ostruito da detriti o ghiaccio.

Gennaio diviene così il mese della diagnostica passiva, dove l’analisi dei detriti sul vassoio sanitario — scagliette di cera, cristalli di miele o resti di predazione — permette di decodificare lo stato di salute della famiglia senza violarne l’intimità termica, preparando le basi per la ripresa della deposizione e la successiva espansione primaverile.

Articolo a cura della Redazione

Riferimenti Bibliografici

  1. Amdam, G. V., et al. (2003). Social control of honey bee longevity: the role of vitellogenin. Experimental Gerontology.
  2. Higes, M., et al. (2008). How natural infection by Nosema ceranae causes honeybee colony collapse. Environmental Microbiology.
  3. Meikle, W. G., & Holst, N. (2015). Application of continuous monitoring of honey bee colonies. Apidologie.
  4. Seeley, T. D. (2019). The Lives of Bees: The Untold Story of the Honey Bee in the Wild. Princeton University Press.
  5. Southwick, E. E. (1991). The colony as a thermoregulating superorganism. Physiological and Chemical Zoology.
  6. Winston, M. L. (1987). The Biology of the Honey Bee. Harvard University Press.
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