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Divieto d’uso dei nicotinoidi: l’Italia vota contro

Il 29 aprile scorso, durante la riunione del Comitato d’Appello dello SCOFCAH (Standing Committee on the Food Chain and Animal Health), gli Stati membri dell’UE non hanno raggiunto la maggioranza qualificata né in favore, né contro la proposta della Commissione di limitare l’uso agricolo dei 3 neonicotinoidi clothianidin, thiamethoxan e imidacloprid.

15 Stati membri hanno sostenuto la proposta di divieto, avvalorata dal parere EFSA e dai risultati del progetto Apenet: i neonicotinoidi rappresentano un rischio di tipo sia acuto che cronico per i pronubi impollinatori che può sinergizzarsi con altri fattori presenti nell’ambiente. 8 Stati membri, tra cui l’Italia, hanno votato contro il divieto e 4 Stati si sono astenuti.

La proposta prevedeva la limitazione dell’uso di 3 neonicotinoidi per il trattamento delle sementi, l’applicazione al suolo a mezzo di granuli e trattamenti fogliari su piante e cereali attraenti per le api, restanti usi autorizzati disponibili solo per i professionisti, eccezioni limitate a colture attraenti le api in serra ed a cielo aperto solo dopo fioritura.

La Commissione Europea va avanti quindi, ma senza maggioranza: “Faremo tutto il possibile per assicurare che siano protette le nostre api – così ha salutato il provvedimento il Commissario europeo alla salute e sicurezza alimentare, Tonio Borg – poiché hanno un ruolo vitale per il nostro ecosistema e danno un contributo all’agricoltura europea pari a 22 miliardi di euro all’anno”.

La decisione formale sarà adottata dalla Commissione europea solo tra qualche settimana, ma la direzione politica è stata chiaramente indicata. Il bando, che entrerà in vigore il primo dicembre 2013, è per ora limitato a due anni, ma con possibilità di essere prorogato. Al termine di questo primo periodo di prova, si studieranno infatti gli effetti della sospensione e si valuterà di conseguenza.

I dati sugli effetti dei neonicotinoidi secondo la maggior parte della comunità scientifica, ci sono, anche se restano tanti aspetti da chiarire. L’idea che è prevalsa è quella del principio di precauzione, in attesa di dati definitivi, e in presenza di indizi già abbastanza convincenti.

Non la pensano così le multinazionali del farmaco, che insistono sulla lacunosità dei dati e su dettagli tecnici, imputando il declino delle api a un insieme di infezioni virali, inquinamento, scarsità di cibo e perdita degli habitat naturali. Si tratta però di elementi già presenti anche prima dell’introduzione dei neonicotinoidi, che non avevano mai causato un collasso così clamoroso del sistema. In questa situazione qualcuno punta il dito sulle perdite agro-economiche che deriverebbero dal bando (valutabile tra i 50 e i 112 milioni di euro ).

Pochi ricordano che senza le api i danni sarebbero immensamente più grandi.

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