Da cinque anni, forse più in alcune zone, è aumentata in maniera mostruosa la mortalità di alveari dalla fine della stagione produttiva alla primavera inoltrata. Questo tipo di situazione si è manifestata in pratica in tutto il mondo. Nel periodo è stato identificato un nuovo patogeno delle api appartenente al genere Microsporidia e classificato come nosema ceranae.L’incidenza di questo patogeno è risultata variare molto da paese a paese. In molte situazioni si è assistito alla repentina scomparsa dell’intera popolazione di api negli alveari nei quali rimanevano solo favi di miele eventualmente con la regina e poche api.A questo è stato dato nome di sindrome delle api.
Si può dire che le ricerche scientifiche pubblicate nel corso del 2013 riescono a spiegare tutta la parte che non era ancora chiara di quanto sta succedendo alle api e all’ alveare e per ciò i misteri si possono dire risolti , anche se lo scenario che la scienza disegna mostra un’ apicoltura che non ha più niente a che fare con quella del passato e che richiede molti cambiamenti, prima di tutto culturali e poi gestionali.
L’uso di varroacidi per contenere lo sviluppo di popolazione di varroa consente anche di contenere lo sviluppo di questo virus, ma è successo è aumentata in maniera esponenziale la presenza del virus delle ali deformate che risulta intimamente associato alla varroa, quasi in sinergia di sviluppo.
CBPV – virus della paralisi cronica una volta conosciuto come mal di maggio – colpisce tipicamente le api adulte nel corso della tarda primavera
DWV – virus delle ali deformate tende a sparire in primavera in conseguenza del forte ricambio di popolazione di api ma essendo moltiplicato e veicolato dalla varroa si ripresenta in maniera crescente in parallelo al crescere di popolazione dell’acaro raggiungendo quali il 100% di presenza sulle api da settembre. Può essere veicolato anche attraverso nutrizione da ape ad ape e quant’altro, contatto compreso
ABPV – Virus della paralisi acuta la sua presenza è rigorosamente proporzionale alla quantità di varroa presente.
IAPV – si riproduce nella varroa non noto l’andamento stagionale
Kashmir virus – rinvenuto in italia nel 2012 non noto l’andamento stagionale
Black queen cell virus ovvero virus della cella reale nera dispetto del nome che ha preso dal momento che inizialmente veniva trovato nelle celle con regine morte è risultato associato a nosema ceranae e presente in quantità sia nella covata che nelle api adulte. Non è noto il suo andamento stagionale anche se la relazione col nosema ne fa supporre picchi corrispondenti a quello del nosema.
Oggi sono presenti a decine di miliardi miliardi. Invece dovrebbero tornare a non essere presenti.
Già nell’uovo vi può essere presenza virale trasmessa dalla regina e l’ape continua nel corso della sua vita ad accumulare nel suo corpo presenza di patogeni attraverso la nutrizione e le attività lavorativa e la vita sociale quasi senza poterne eliminare e contenendoli con sforzi del suo sistema immunitario che però le sottrae energie preziose per il lavoro. Ma come succede anche per gli esseri umani una vita del genere è destinata ad essere accorciata proprio come succede ancora in africa e non succede più in europa.
In aggiunta l’alveare può avere una serie consistente di perdite di individui nella covata , fra peste europea o americana ( che richiede si bruci addirittura l’alveare ) , calcificata ( che è relazionata alla presenza di varroa e nosema ) e ultimamente BQCV.
In parallelo alle infezioni virali le api più vecchie in modo particolare sono in continuazione soggette alla possibilità di infezione da Nosema ceranae che ha effetti sia di indebolimento che di riduzione della durata di vita delle bottinatrici. Questo patogeno viene veicolato attraverso le attività delle api e anche dalla pappa da operaia e può essere trovato persino nella nutrizione delle larve cominciando a parassitarle già dai primi stadi di vita.
Il suo effetto è variabile a seconda della genetica delle api e della possibilità di difesa che le stesse possono esprimere in relazione alla quantità e qualità di risorse disponibili ma è una pietra al collo.
L’alveare risente in maniera estrema di questa debolezza delle bottinatrici, poco visibile a occhio, e della brevità della loro vita. Questo spiega anche le produzioni sempre più striminzite oltre che le pesanti perdite.
La gestione sanitaria dovrebbe perciò trovare una profonda modificazione ed essere pensata allo scopo di ridurre le varie infezioni che colpiscono l’ape perchè è oggi evidente che è allungando la vita di ogni singola ape che nasce nell’alveare che si migliora il raccolto e da questo la sopravvivenza dell’alveare stesso. Si cura cioè per produrre perche è la produzione che tiene in vita l’alveare.
Savorelli Gianni gsavore@tin.it