sabato , 7 Settembre 2024
L’apicoltore è imprenditore agricolo e dichiara reddito di allevamento

L’apicoltore è imprenditore agricolo e dichiara reddito di allevamento

La presenza delle api (degli alveari) nella tabella dei capi allevabili di cui al D.M. 15.03.2019, fa sì che l’attività di apicoltura, se rispettate le previsioni dell’art. 32 del Tuir, sia pienamente ricompresa nel reddito agrario.

L’apicoltura con i suoi prodotti derivanti rappresenta un settore diffuso su tutto il territorio italiano, capace di attrarre tanto hobbisti quanto veri e propri imprenditori. L’esercizio dell’attività è disciplinato in Italia dalla L. 313/2004 la quale definisce all’art. 2 la “conduzione zootecnica delle api” quale attività agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c. Si tratta pertanto a pieno titolo di allevamento e i prodotti ottenuti dall’esercizio dell’apicoltura sono a loro volta considerati civilisticamente prodotti agricoli, ai sensi dell’art. 2, c. 2.

Gli apicoltori, siano essi hobbisti o imprenditori apistici titolari di partita Iva, sono obbligati a comunicare il numero e la collocazione degli alveari ai servizi veterinari di competenza per territorio in fase di inizio attività e annualmente, entro il 31.12, qualora vi siano state delle variazioni di collocazione o di consistenza, A partire dal 2016 è stata istituita l’Anagrafe Apistica Nazionale (BDA) alla quale devono essere comunicate anche tali variazioni tramite procedura informatizzata.

Sotto l’aspetto delle imposte dirette l’attività apistica, qualificata quale attività di allevamento dalla Legge 313/2004, rientra nelle attività di cui all’art. 32 del Tuir. Il reddito prodotto viene determinato catastalmente nei limiti della potenzialità del terreno. L’art. 32 del Tuir prevede infatti che il reddito prodotto rientra pienamente nel reddito catastale, ovvero non sono dichiarati altri redditi solo qualora il terreno sia sufficiente a produrre almeno 1/4 dei mangimi necessari. Ciò implica che l’imprenditore apistico deve condurre terreni, anche non direttamente destinati all’attività apistica, che tramite la loro “potenzialità”, espressa tramite apposito calcolo basato su specifiche tabelle ministeriali, siano sufficienti al raggiungimento del parametro di 1/4 dei mangimi, cosicché la totalità del reddito prodotto possa rientrare nel reddito agrario.

Si potrebbero configurare però altre situazioni. Qualora il soggetto imprenditore apistico, ad esempio, non conduca alcun terreno, il reddito da lui prodotto sarà interamente reddito d’impresa determinato in modo analitico sulla base dei costi e dei ricavi. Qualora invece le arnie detenute dall’imprenditore apistico superino la potenzialità dei terreni condotti, il reddito prodotto nei limiti della potenzialità sarà determinato su base catastale mentre per le arnie in eccedenza il reddito sarà determinato sulla base di determinati parametri forfettari o sulla base dei costi e ricavi, producendo reddito di impresa.

Rientrano sempre nel reddito catastale i prodotti agricoli primari che derivano dall’attività di apicoltura ricompresi nel D.M. 13.02.2015. Sono infatti considerati prodotti agricoli la cessione delle api, delle api regine e quella del miele (nel limite della prevalenza del prodotto proprio) nonché i prodotti che derivano dalla “lavorazione, raffinazione e confezionamento del miele” e in linea generale la cera d’api greggia, il polline, il propoli e l’idromele.

La cessione di prodotti al di fuori da quelli individuati dal D.M., oggetto di seconde lavorazioni, ma sempre derivanti dall’attività apistica, possono fruire della determinazione del reddito in via forfettaria ai sensi dell’art. 56 bis del TUIR ossia applicando un coefficiente del 15% ai corrispettivi rilevanti ai fini Iva.

Tra le attività svolte dagli imprenditori apistici rientra molto spesso l’attività di impollinazione. Essendo tale attività una vera e propria prestazione di servizi svolta dall’imprenditore agricolo tramite l’utilizzo prevalente di attrezzature e risorse normalmente impiegate nell’attività agricola, l’attività si qualifica quale attività connessa ai sensi dell’art. 2135 c.c. Anche l’art. 9 della L. 313/2004 riconosce a tutti gli effetti tale attività quale connessa. Pertanto, se l’attività viene svolta dal medesimo imprenditore agricolo con risorse utilizzate prevalentemente nell’attività agricola principale, il reddito prodotto rientra nell’art. 56-bis del Tuir e viene determinato in misura forfettaria applicando un coefficiente del 25% ai corrispettivi rilevanti ai fini Iva.

Alberto Tealdi
Fonte: www.sistemaratio.it

honeystickers

Info Redazione

Guarda anche

CSR Intervento SRA 18 (Impegni per l'Apicoltura)

CSR Intervento SRA 18 (Impegni per l’Apicoltura)

A seguito del monitoraggio delle prime domande di sostegno (DDS) rilasciate sul portale Sian inerente …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.