Per capire il Nosema ceranae (è un fungo), bisogna pensare all’alveare come ad un sistema complesso di individui che funzionano come un intero. In questo contesto la malattia del singolo è un qualcosa di diverso dalla malattia dell’alveare. Un patogeno, come il ceranae, può essere letale per il singolo individuo, ma la famiglia nel suo insieme può riuscire a compensare la perdita
Il problema è che ad un certo punto della stagione le famiglie non riescono più a compensare le perdite e la famiglia collassa. In questo senso la regina ( e la sua relativa possibilità di deposizione, ovvero la presenza di feromoni della covata e disponibilità di polline ) è fondamentale per mantenere la popolazione della famiglia almeno in una condizione di non diminuzione a causa delle perdite di singoli individui colpiti dalla patologia.
Higes, e al dimostrano le ripercussioni della patologia sulla famiglia non che i tratti della sua evoluzione clinica fino alla morte, al collasso delle famiglie. E’ stato non solo analizzato l’evolvere naturale dell’infezione, che varia molto da regione a regione ( sembra in funzione del clima – a ceranae piace il caldo – e delle risorse alimentari – che in certi casi sono in grado di rallentarne la propagazione) , ma anche dimostrato la trasmissione della patologia agli alveari vicini.
Viene scritto dagli autori che e’ difficile definire lo stato di salute di una famiglia in seguito all’infezione da ceranae dal momento che non produce alcuna sintomatologia.
Il fungo colpisce l’intestino delle bottinatrici prima di tutto e nella sua riproduzione provoca lesioni che impediscono l’assunzione dei nutrimenti. L’ape muore essenzialmente di fame. E’ stato però anche dimostrato da Kralj che l’ape affetta da ceranae perde parecchio delle sue capacità di orientamento e ciò spiega il mancato ritorno di buona parte delle bottinatrici infette, che è uno dei due comportamenti che portano allo spopolamento.
Nella fase iniziale della patologia le bottinatrici risultano estremamente più infettate rispetto alle api di casa e questo è verosimilmente l’unico elemento utilizzabile per la determinazione dell’estensione della patologia. Si può ritenere che vi sia una relazione del tipo: Più le bottinatrici sono infette, minore è il numero di favi di covata e minore è il numero di favi ben popolati. Non sembrano invece esserci relazioni con la proporzione di api di casa infette o col numero di spore verificabile. Api morte raccolte sul terreno tra i fiori antistanti e dall’alveare in diversi mesi estate compresa, hanno mostrato lesioni patologiche all’epitelio ventricolare, in tutto comparabili a quelle già descritte in prove sperimentali ( Higes 2007). Le bottinatrici raccolte tra i fiori hanno mostrato quantità di spore in media di 21 milioni di spore a dimostrazione che api pesantemente infettate non fanno ritorno all’alveare. Nosema ceranae può facilitare lo sviluppo di virus dal momento che le lesioni intestinali riducono la resistenza naturale alle infezioni virali.
Hedtke ( 2011 ) afferma che possono essere osservate esplosioni di covata calcificata a seguito presenza non letale di nosema ceranae.
Secondo Lodesani e al vi è molto meno nosema dove il polline è ottimo e ve ne è molto di più dove il polline è pessimo. Sembra esservi una correlazione tra numero di spore di ceranae e virus DWV. A dire che in presenza di entrambi si viene a creare un effetto sinergico che facilita la riproduzione di entrambi i patogeni. La moltiplicazione del ceranae avviene nel corso di tutto l‘anno senza interruzione alcuna ( anche se con differenze quantitative a seconda del periodo, ceranae teme il freddo).
E’ stato dimostrato che le api giovani quando si sentono affette da patologia affrettano l’uscita dall’alveare tentando di rendersi utili come bottinatrici. Questo è il secondo tipo di comportamento che spiega il repentino spopolamento dell’alveare al progredire dell’infezione da ceranae il quale produce nelle api infette anche un effetto di immunodepressione.
Antúnez, e al ha verificato l’effetto dei due tipi di nosema sul sistema immunitario delle api. Ne risulta che l’infezione da N. apis e N. ceranae produce significativi cambiamenti nell’espressione di abecina aumenta significativamente 4 giorni dopo l’infezione da N. apis in comparazione al controllo e alla tesi infettata da N. ceranae. Sette giorni dopo l’infezione con N. ceranae la produzione di abecina diminuisce. Imenoptecina risulta aumentare in conseguenza dell’infezione da N. apis mentre ceranae riduce significativamente la sua produzione. Defensina aumenta con N. apis . Nessuna variazione è osservata con infezione di N. ceranae . E’ dunque dimostrato che il sistema immunitario delle api attiva velocemente i meccanismi di difesa a seguito di infezione da N. apis. Per contro,l’infezione da ceranae sopprime la risposta immunitaria riducendo la trascrizione di alcuni geni. Con infezione da N. ceranae l’ espressione dei peptidi antibatterici non viene attivata, neppure quando il patogeno ha già invaso l’epitelio ventricolare (Higes et al., 2007).
A 7 giorni dall’infezione la produzione di abecina, imenoptecina e GLD diminuisce significativamente suggerendo che N. ceranae sopprime parzialmente i meccanismi immunitari di difesa. Nelle condizioni di campo le api infettate naturalmente sono verosimilmente meno resistenti agli stress ossidativi (Nelson et al., 2007), e invecchiano prima Remolina (2007).
Questo meccanismo porta all’accorciamento dell’aspettativa di vita osservato e alla diminuzione del bottinamento. In aggiunta, la soppressione del sistema immunitario oltre che alla proliferazione del N. ceranae, favorisce anche la replicazione virale presenti allo stato latente. Dal momento che anche Varroa produce soppressione immunitaria (Gregory et al., 2005; Yang and Cox-Foster, 2005), la simultanea presenza di entrambi i patogeni risulterà devastante per le api. In altre parole ceranae aggira il sistema immunitario dell’ape “spegnendolo”in una sorta di AIDS delle api. Riduce anche la capacità di produzione della proteina di stoccaggio vitellogenina producendo così un invecchiamento precoce unito a elevata vulnerabilità anche ad altri patogeni ( calcificata Hedtke 2011 – virus ) oltre che ai fitofarmaci.
Ceranae e regine – In caso di alta infezione la regina stessa può divenire infetta da Nosema ceranae e morire in poche settimane Anche per questa patologia sembra che una delle chiavi di resistenza sia il mantenere il più basso possibile il livello di infezione. Bourgeois e al. hanno dimostrato una grande variabilità della presenza del patogeno tra alveari dello stesso apiario e tra apiari diversi. Perciò ogni famiglia che mostra difficoltà può essere potenzialmente colpita dal patogeno anche se tutto il resto dell’apiario funziona al meglio.
Webster, valuta l’effetto di trattamenti fisici o chimici sulla vitalità delle spore di Nosema apis e Nosema ceranae. Il timolo pare interessante.
Nella prova di 24 ore in evaporazione riesce ad uccidere il 64% di spore di N. apis e l’ 82%di spore di N. ceranae. Si deve considerare che nei trattamenti contro la varroa la presenza del timolo nell’alveare è di circa un mese. Tali trattamenti dovrebbero pertanto avere una discreta azione anche nei confronti delle spore di nosema ceranae presenti sui favi. Pernal e al e Eischen e al hanno studiato l’importanza della riduzione della presenza di spore sui favi, sui quali sono osservabili quantità non indifferenti di spore, dimostrando che la disinfezione ( fattibile con Oxygen ) degli stessi rallenta sensibilmente la dinamica di proliferazione del patogeno.
Si deve però anche considerare che pur essendo rilevante il rischio costituito dalle spore presenti sulle api, sui favi e nel materiale, la quantità maggiore di spore si trova nello stomaco e nell’apparato boccale delle bottinatrici, nelle quali il patogeno trova le migliori condizioni di proliferazione.
La distribuzione del patogeno tra le api dell’alveare sembra avvenire attraverso la trofallassi. D’altra parte il polline sembra svolgere una duplice azione nel contenimento del patogeno. Consente un cospicuo allevamento di covata – queste api vanno a rimpiazzare quelle decedute e la famiglia mantiene una popolazione sufficiente almeno a sopravvivere. Consente il buon mantenimento delle difese immunitarie delle api contro il patogeno.
Le api affette da nosema ceranae fanno una gran fatica ad assumere nutrimento, sia che si tratti di sciroppo che di paste solide. Perciò diventa necessario applicare lo sciroppo direttamente sulle api per cercare di far sì che lo assumano leccandosi. In questa maniera si può però somministrare solo una piccola quantità di medicamento e diventano necessarie 4/5 ripetizioni. Questa metodica non ha però dato risultati esaltanti ( Mussen- Oliver). Da questo si capisce l‘importanza della prevenzione o di intervenire ai primissimi sintomi. E’ dimostrato che famiglie sane vicine a famiglie infette possono contrarre l’infezione.
N. ceranae può essere controllato da sostanze antibiotiche , ma le stesse non possono evitare la reinfezione dopo sei mesi ( Highes) . Sulla base di questi dati sembrano al momento tre le possibili direttrici di lotta al patogeno: riduzione della quantità di spore presenti sulle api e sui favi mediante applicazione topica di adeguate sostanze ( timolo – in primavera ed estate ( utile nel contempo per il contenimento della varroasi ) ,acido peracetico ( Oxygen ) – utilizzabile per aspersione ad ogni visita ) riduzione della quantità di spore presenti a livello di stomaco e apparato boccale delle api a mezzo somministrazione di fungistatico ( Vita Feed Gold-utilizzabile a calendario in primavera ed estate oppure all’esigenza ) Aumento della capacità di allevamento di covata e della nutrizione delle api mediante dieta con polline artificiale ( che può essere somministrato a piacimento assieme al feromone sintetico della covata, il quale consente una raccolta molto maggiore di polline anche nei periodi di disponibilità e quindi di fronteggiare molto meglio le infezioni primaverili ed estive e consente, quando utilizzato insieme a polline sintetico una maggiore assunzione di questo con maggiore allevamento di covata sia nei mesi tardo estivi /autunnali che invernali in climi temperati).
Secondo Oliver lo spostamento delle famiglie aperte in pieno giorno, lasciando le bottinatrici contaminate sul posto, può costituire un veloce mezzo di riduzione dell’infezione. Le stesse potrebbero essere gestite in melari e mantenute coese dal feromone artificiale della regina Bee Boost. In questa maniera potrebbero continuare a rendersi utili fino all’ultimo per quel che possono.
Savorelli Gianni – Prodotti per apicoltura
Via Sangiorgi, 50 47522 Cesena ( Fc )
tel 0547.602018 fax 0547603070
cell 339 6634688
email gsavore@tin.it