Dicembre, mese di riflessione e di bilanci in apicoltura, un anno che se ne sta andando ed un altro che sta per affacciarsi pieno di speranze. Certamente per l’apicoltura quest’anno non è stato un anno felice e nemmeno prodigo di raccolti, in certe zone c’è stato qualcuno che ha riempito i melari, ma se esaminiamo la situazione generale ci accorgiamo che la stagione è stata deludente.
Una causa di tutto questo è certamente da ricercare nel cambiamento climatico, con stagioni non più ben distinte come un tempo e che creano un certo disorientamento anche alle api. Un inverno secco e mite può anticipare ad esempio certe fioriture, specialmente in montagna, o ritardarne altre proprio a causa della siccità; nel primo caso con fioriture anticipate e magari con famiglie di api poco popolate si rischia di non avere sufficienti bottinatrici per il raccolto che di conseguenza va perduto. Nel secondo caso, con un ritardo di fioritura causato da siccità, possiamo avere forti famiglie in partenza, magari forzate con la nutrizione, e mancando i fiori nella stagione del grande raccolto saranno costrette ad utilizzare le scorte per sopravvivere. Questo fenomeno si è verificato quest’anno in molte vallate, associato alla presenza di prati pieni di fiori e di api immobili quasi come in inverno. Tutto questo si è verificato per la mancanza di nettare nei fiori a causa della temperatura troppo bassa a livello del terreno (15 °C), che dovrebbe invece aggirarsi sui 16-18 °C.
Seconda causa è stata l’assenza di rugiada al mattino, indispensabile anche questa per la produzione di nettare. Il fenomeno si è verificato in alta montagna durante la fioritura del rododendro, all’alba infatti i prati erano asciutti e al sorgere del sole le api bottinatrici volavano in cerchio disorientate senza trovare la fonte del raccolto, quasi avessero gli organi sensori atrofizzati. Invece era la mancata emanazione dei profumi dei fiori a rendere le api insensibili, e le poche che con fatica trovavano qualcosa riuscivano a malapena a mantenere in vita le famiglie; di conseguenza c’è stato anche un forte calo di covata al punto tale che in certi apiari si è arrivati ad agosto con famiglie scarse di api e di scorte e in molti casi anche ridotte alla fame.
Queste sono le cause naturali del mancato raccolto, contro le quali ben poco si può fare individualmente; le colpe vanno ricercate nel contesto dello sviluppo economico mondiale che ha portato questo preoccupante squilibrio, sia per l’uso indiscriminato di pesticidi e concimi, sia per l’emanazione nell’atmosfera di quantità notevoli di fumi e gas tossici. Questi cambiamenti sono recepiti in maniera sensibile dalle api, che vivono e si riproducono con il meglio della natura e con quegli elementi primari della vita che sono il nettare ed il polline, indispensabili per tutti gli esseri viventi.
Possiamo pertanto affermare che l’ape è come una spia, poichè è l’ape che ci indica le variazioni che avvengono in natura; ciò che essa ci ha segnalato in questi ultimi anni non è certo di buon auspicio, nè per l’apicoltura nè per la vita in genere e sono poche, per non dire pochissime, le zone dove ancora si può trovare la natura incontaminata.
In apicoltura, al di là delle cause naturali sopracitate, ci possiamo spiegare le anomalie verificatesi in queste stagioni anche con i fattori epidemici, come malattie virali ed infestazioni che quasi sempre provocano dei gravi danni alle famiglie se non addirittura la loro estinzione, soprattutto in quegli apiari dove l’igiene e la maldestra opera di qualche apicoltore contribuiscono alla diffusione di tali malattie.
Questo è il motivo per cui si continua a ripetere che la massima cura ed il controllo delle famiglie sono indispensabili, oltre ad una buona preparazione apistica, per saper riconoscere su campo i sintomi delle principali malattie. Quando non si è certi della diagnosi è consigliabile l’analisi tempestiva, da farsi anche periodicamente soprattutto prima di fare unioni di famiglie deboli o spostamenti di favi di covata prelevati da arnie sospette.
Mi è capitato di vedere diversi apicoltori fare di questi spostamenti in apiari colpiti da nosema o acariosi e ho anche visto prelevare e graffiare favi da nido pieni di miele e polline colpiti da micosi che venivano poi dati da ripulire ad altre famiglie.
Con queste operazioni si ottiene solamente una rapida diffusione della malattia in tutto l’apiario e quando questo è giunto allo stremo una chiamata al veterinario o all’esperto risulta ormai inutile. Credetemi, sono terminati gli anni felici in cui bastava mettere il melario e poi smielare il profumato raccolto, oggi chi vuol fare l’apicoltore deve prima di tutto prepararsi culturalmente e poi seguire tutti i regolamenti di Polizia Veterinaria e osservare le leggi vigenti in materia apistica: solo così potremo andare avanti, certamente con qualche sacrificio in più ma col tempo anche con qualche soddisfazione in più.
Per quanto riguarda i lavori del mese in questo periodo, in apicoltura, c’è ben poco da dire in quanto le api, se sono state ben invernate, sono nel glomere al caldo e hanno bisogno solo di tranquillità, è bene non disturbarle poichè basta il più piccolo rumore vicino all’arnia per far muovere il glomere provocando la caduta e la morte sul fondo di molte api incapaci di risalire specialmente dai fondi a rete. Pertanto non scuotere le arnie, non fare lavori rumorosi nelle immediate vicinanze, non fare fumo o spargere letame vicino all’apiario; sono tutte cose che infastidiscono le api provocando la loro uscita e la loro conseguente perdita per la bassa temperatura.
Il “bravo apicoltore” in questo periodo troverà molti lavoretti da fare: la riparazione e pulizia di arnie vuote; la riverniciatura che è importante venga fatta molto tempo prima dell’uso in modo che si perdano gli odori forti della pittura, e consiglio di non usare smalti o vernici impermeabili ma tinte leggere ad acqua, in quanto il legno deve poter traspirare per smaltire l’umidità provocata dalle api e dalla covata; la preparazione di nuovi telaini armati e zigrinati, la montatura dei fogli cerei, tutti lavori che si possono fare anche in casa e ci troveremo così preparati per l’apertura della nuova stagione senza le corse dell’ultimo. momento. Per la montatura dei fogli cerei consiglio di sistemarli in basso e appoggiati alla parte posteriore del telaino, se il filo è ben zigrinato si evita lo stiramento dei fogli in basso è la conseguente costruzione di celle da fuco, si risparmia anche il lavoro della scanalatura e si dà spazio nella parte anteriore che è la più calda e favorita dalle api per la costruzione di celle reali.
Sono alcuni anni che uso questo sistema e vi assicuro che non ho più visto telaini stirati mentre le celle reali, quasi tutte nella parte anteriore, vengono costruite benissimo in quanto ricavate dallo spazio vuoto; la parte alta e vuota viene attaccata dalle api con la costruzione di ponticelli, lasciando molte aperture affinché ci sia un passaggio del calore tra un favo e l’altro oltreché delle api con notevole guadagno di tempo, costrette altrimenti a scavalcare i telaini sotto al coprifavo o nel fondo.
Da queste righe invito certi apicoltori, che per la verità sono pochi, a prestarsi di più al dialogo e alla comprensione per poter così avere entro breve tempo nel nostro territorio una grande schiera di apicoltori ben preparati e produttivi in apicoltura, si potranno organizzare corsi di cultura apistica, di perfezionamento per esperti, mostre e simposi, incontri a vario livello per far conoscere i prodotti dell’alveare, avvicinare i giovani al mondo delle api attraverso la scuola, intensificare i rapporti con le U.S.L. Veterinarie allo scopo di coinvolgere a istruire al meglio gli apicoltori per la cura ed il controllo delle varie malattie, contatti più frequenti con l’Ente Pubblico per avere l’appoggio necessario al buon funzionamento della nuova Associazione. Salvare le api e l’apicoltura, proteggere e valorizzare i preziosi doni offertici dalle api dovrà in avvenire essere il nostro intento.
Francescatti Pietro