Scelta della cera: il requisito primario per dei buoni fogli è che la cera utilizzata sia pura d’api. Che io sappia fino a questo momento non è ancora stata trovata una miscela di cere sintetiche che, unita alla cera d’api, ne possa abbassare il prezzo e dare le stesse caratteristiche di indeformabilità, resistenza e accettabilità da parte di operaie e regina.
La cera d’opercolo, lavorata in qualsiasi maniera, è generalmente più rigida di quella di favo vecchio. E’ per questo più adatta a sopportare le alte temperature presenti all’interno dell’alveare. Una certa percentuale di cera di favo vecchio però rende il foglio più maneggevole nelle fasi di lavorazione e montaggio.
La cera di solo favo vecchio è in genere molto ricca in propoli il che la rende appiccicosa e ne abbassa il punto di fusione: da sola dà fogli di minor pregio.
Sterilizzazione: il riutilizzo della cera per scopi apistici rende indispensabile la sua sterilizzazione, per impedire una possibile diffusione delle malattie, specie quelle provocate da batteri sporigeni (peste americana). La sterilizzazione viene in genere effettuata mediante riscaldamento prolungato, minimo mezz’ora, a 120°C in appositi fusori riscaldati a bagno d’olio. La sterilizzazione a vapore è utile se effettuata contemporaneamente all’estrazione dai favi vecchi, ma sulla cera conferita in pani porterebbe ad un inutile aumento della saponificazione degli esteri.
Purificazione: in genere alla cera estratta con i metodi descritti è necessaria solo una decantazione di qualche ora per essere trasformata in fogli cerei.
METODO DI LAVORAZIONE
- Stampi a libro: esistono in commercio stampi per la fabbricazione artigianale di fogli cerei; i fogli che si ottengono sono molto grossi e con caratteristiche simili ai fogli fusi. Non si può definire una soluzione razionale, ma a livello amatoriale può essere soddisfacente;
Stampo a libro per fogli cerei (foto Simeon) - fogli cerei laminati: il metodo consiste nell’imprimere il disegno delle celle su fogli di cera lisci lavorando a 38°-40° C. I fogli lisci vengono prodotti, negli stabilimenti con grandi produzioni, da un cilindro raffreddato, che gira con la parte inferiore immersa in cera liquida; la cera solidificata che aderisce al cilindro viene raschiata da una lama ed esce sotto forma di un nastro, dello spessore di 3-4 mm, che viene arrotolato in attesa di essere stampato. A livello artigianale i fogli da stampare possono essere prodotti per immersione ripetuta di una tavoletta di legno delle dimensioni del foglio da ottenere, in cera fusa ad una temperatura vicina alla solidificazione. Nella fase di stampaggio vero e proprio il rotolo di cera liscia viene scaldato in acqua a 40°C e il nastro viene stampato passando tra due cilindri incisi. Il nastro stampato viene quindi tagliato, in genere automaticamente, nelle dimensioni volute;
- fogli cerei fusi: in questo caso la cera liquida viene fatta scendere lentamente sui due cilindri incisi, raffreddati, che girano. Il nastro di cera viene contemporaneamente formato e stampato e viene poi tagliato nelle misure volute.

I due tipi di lavorazione danno origine a fogli con caratteristiche diverse. Nei fogli laminati, lavorati a freddo, le molecole assumono un andamento prevalentemente parallelo che rende i fogli morbidi e non fragili nemmeno a temperature abbastanza basse (IO°C). In compenso queste stesse caratteristiche li rendono più deformabili. I fogli fusi, raffreddati velocemente, sono rigidi e per questo fragili alle basse temperature; questa loro rigidità li rende indeformabili però anche all’interno dell’alveare.
Peso dei fogli: un foglio da nido Dadant-Blatt (41 x26 cm) pesa in genere 100 g, cioè in un chilo ci sono 10 fogli. Questo spessore è sufficiente ad assicurare l’apporto della maggior parte di cera necessaria alle api per edificare il favo completo. Fogli troppo sottili sono anche più facilmente deformabili. Fogli molto sottili vengono utilizzati solo per la produzione miele in favo.
Dimensioni delle celle: la polemica sulle dimensioni delle celle dei favi ha infiammato gli animi e fatto scorrere fiumi di inchiostro per diversi anni. Ultimamente il problema sembra completamente dimenticato e nessun produttore di fogli cerei reclamizza più le sue 700, 750 o 800 celle per decimetro quadrato. È molto probabile che nei momenti di polemica più vivace si fosse perduto di vista il nucleo della questione e che buona parte della disputa si basasse su una maniera diversa di misurare le celle.
lo sono dell’idea che i favi più adatti alle api siano quelli con celle delle stesse dimensioni di quelle da loro costruite in natura. Per verificare queste misure occorre procurarsi un favetto naturale, con celle femminili, regolari, abbassare l’altezza delle celle con un coltello e misurare lo spazio occupato da 10 celle (doppio apotema di 10 celle), vicino alla base. Questo modo di procedere è reso obbligatorio dal fatto che le pareti delle celle divergono verso l’esterno e una stessa cella misurata alla base o all’apertura, soprattutto se allungata in quanto cella da miele, può variare di alcuni decimi di millimetro. Alber ha studiato a lungo le celle dei favi naturali e ne ha dedotto che le misure, anche se variano in funzione di alcune condizioni ambientali, possono essere prese come una caratteristica razziale. Per esempio l’ape Carnica ha celle molto più· grandi (5,51 mm cioè 760/dm2) della Ligustica (5,27 mm cioè 830/dm2).
I pochi fogli di diversa provenienza commerciale che ho misurato, per pura curiosità, avevano tra le 820 e le 700 celle per dm2 senza che nessuna indicazione specifica li accompagnasse. Inoltre i fogli laminati hanno in genere celle molto deformate lateralmente, come si può verificare misurando 10 celle nelle tre direzioni. La deformazione è dovuta allo stiramento che il foglio subisce durante la stampa a freddo. Dato che i cilindri sono generalmente incisi con celle con due lati paralleli all’asse di rotazione e visto che normalmente i fogli vengono montati in modo che le celle abbiano due lati paralleli verticali, la deformazione delle celle del favo risulterà laterale, parallela ai lati maggiori del favo. Non vorrei rischiare di riproporre una vecchia polemica già superata, ma mi piacerebbe sapere se un qualche calo di produttività rimasto in spiegato non potrebbe essere addebitato a fogli cerei non idonei per quello che riguarda la misura e la forma delle celle.
Dr.ssa Maria Lucia Piana
Fonte: “L’Ape Nosta Amica” Anno VII Numero 5
Buongiorno volevo sapere ho della cera di opercolo, posso lasciarla liscia ,non stampo le celle,la inserisco sul melario,così lascio fare alle api,le celle di grandezza per loro.