Per quanti hanno avuto motivo di frequentare, come consumatori o come fornitori, il settore delle erboristerie e dell’alimentazione naturale, non è stato difficile verificare il ruolo primario che la propoli è venuta ad assumere in questo ambiente.
Anche nello stesso settore dell’apicoltura la propoli è divenuta un prodotto di largo interesse sia come elaborato da commercializzare in aggiunta ad altri e sia come materia prima da vendere a grossisti ed utilizzatori.
Ci interessa, in questa occasione, passare in rassegna le acquisizioni riguardanti la produzione della propoli come materia prima da parte degli apicoltori.
L’origine della propoli
E’ ormai definitivamente caduta l’ipotesi formulata da alcuni ricercatori tedeschi sull’origine della propoli come rielaborazione, compiuta dalle api, della cuticola dei granuli di polline. Poco credito riscuote anche l’ipotesi di una duplice origine, esterna e interna della propoli, tentativo di conciliare la precedente teoria con la raccolta dei precursori della propoli esclusivamente dall’ ambiente vegetale circostante.
Osservazioni ripetute da diversi autori concordano invece nel ritenere come fonte primaria e pressoché esclusiva il mondo vegetale.
La propoli avrebbe origine infatti da secrezioni resinose delle gemme non esclusi altri apparati secretivi delle cortecce e di altri tessuti vegetali di varie specie arboree.
Nella fisiologia vegetale tali secrezioni hanno prevalentemente una funzione protettiva-difensiva sia in senso fisico-meccanico contro potenziali aggressioni fisiche, chimiche e microbiologiche.
Diversi sono gli alberi riportati dalla letteratura come fonte di resine raccolte dalle api.Secondo le valutazioni condotte dai ricercatori di Torino le api darebbero pressoché totale preferenza al pioppo trascurando tutte le altre fonti. Appare tuttavia logico che in altri areali dove tale specie è del tutto assente, le api si approvvigionano altrove.
Osservazioni diverse confermano che la raccolta della propoli è largamente influenzata dalla stagione sia direttamente attraverso fattori climatici e sia per il condizionamento generale operato sul comportamento della famiglia.
Si assiste ad una discreta raccolta all’inizio della primavera che si arresta poi quasi totalmente in coincidenza con le grandi emissioni nettarifere per poi incominciare con un massimo a fine estate e per tutto l’autunno.
Con temperature sopra ai 18°C la raccolta si estende a tutte le ore del giorno, mentre in autunno e in primavera, con giornate più fredde, la raccolta si limita alle ore centrali più calde.
Sulle modalità della raccolta c’è da dire che se ne incaricano giovani bottinatrici specializzate, anche se in condizioni di necessità vengono mobilitate anche schiere di api di riserva. Le bottinatrici di propoli trattano la resina raccolta con zampe e mandibole formando pallottoline più piccole di quelle del polline, a causa del maggior peso specifico, che vengono ancorate alle cestelle.
All’interno dell’alveare altre api provvedono a scaricare le sorelle più o meno sollecitamente a secondo i bisogni interni e altre api ancora sono specializzate all’utilizzo della resina che è, in genere, immediato, in quanto non si provvede a costituire scorte ed accumuli.
Sebbene sia ormai conosciuta l’origine della propoli come esterna all’alveare, il confronto fra resina vegetale di origine e propoli all’interno dell’alveare non esprime completa equivalenza sul piano chimico.
Evidentemente, la materia prima vegetale viene ricondizionata dalle api con l’aggiunta di saliva e secrezioni enzirnatiche capaci di trasformare il prodotto in modo considerevole analogamente a quanto avviene col nettare.
Una volta a disposizione delle api utilizzatrici, la propoli viene impiegata per usi disparati, diversi in funzione delle necessità stagionali. In primavera prevale soprattutto l’utilizzo come vernice e come rinforzante delle costruzioni ceree. Inoltre la propoli viene ampiamente disposta tra telai, nido e melario per aumentare la stabilità generale.
In autunno prevale invece l’accumulo a livello del fondo e della porticina e per sigillare eventuali aperture. A condizionare l’importazione di propoli giocano diversi fattori. Naturalmente sul piano genetico esistono differenze consistenti sia a livello di specie diverse che tra razze della stessa specie e ancora tra ceppi diversi della stessa razza.
Ampia è poi l’influenza dell’ambiente vegetale con maggiore tendenza alla propolizzazione da parte di quelle famiglie poste in zone montane e comunque boscose rispetto a quelle di pianura.
La composizione e quindi la qualità della propoli varia molto in funzione degli elementi richiamati e di altri ancora. La prima variabile risulta legata alla materia prima di origine: si ritiene che la propoli di maggior pregio sia quella proveniente dalle latifoglie.
In relazione alla stagione la propoli primaverile ed estiva avrebbe maggior purezza e minor quota di cera rispetto a quella autunnale depositata sul fondo e sulla porticina.
La raccolta della propoli
La possibilità di prelevare dagli alveari la propoli raccolta dalle api si fonda su due diverse metodiche.
La più semplice e antica consiste nel recuperare per raschiatura la propoli dai punti dell’alveare dove le api la depongono. Si tratta di un’ operazione fattibile in modo sistematico quando si tolgono i melari e si ripuliscono e, di volta in volta, nel corso delle operazioni correnti di gestione e di controllo degli alveari.
La raschiatura da origine ad un prodotto mediocre sia come stato di purezza che di qualità e pezzatura. La qualità migliore, più pura e grossa è quella posta in alto nell’alveare sulla sporgenza porta telaini, sul coprifavo, sui telaini; la propoli del fondo, invece, non merita di essere raccolta sia per il basso valore che per le impurità contenute.
La raschiatura, eseguibile con una normale spatolina da stucchino, va fatta con basse temperature in modo da riuscire a staccare i pezzetti attaccati al legno resi cristallini dal freddo.
Nonostante l’esecuzione accurata del lavoro il risultato della raschiatura sarà, di norma, di varia pezzatura, dalla polvere alle scaglie e con pezzettini anche di buone dimensioni. Successivamente, si dovrà operare la cernita per allontanare corpi estranei e varie impurità presenti in misura considerevole.
Con questo sistema di raccolta la produzione unitaria per alveare raramente supera i 40-50 grammi annui, più spesso molto meno.
L’altro sistema di raccolta risulta invece più razionale e si fonda sull’attitudine delle api di chiudere con la propoli pura ogni fessura, buco o anfratto che misuri anche pochi millimetri.
Sono allora stati ideati e sperimentati vari metodi sfruttando griglie, reti o telaini di diverso tipo da inserire negli alveari per indurre le api a depositarvi un surplus di propoli.
L’attrezzatura necessaria è semplicissima e può essere realizzata tranquillamente in casa.
Si utilizzano reti metalliche o di plastica o anche griglie di plastica con spazi longitudinali. Reperibile facilmente in ferramenta la rete metallica antinsetti da finestra (maglie di filo tessuto con spazi da 1,5-2 mm) può essere fissata ad un telaino di legno delle dimensioni del coprifavo o addirittura appuntata al coprifavo stesso delle arnie da nomadismo che verrà poi posto capovolto. Questa rete ha però l’inconveniente di deformarsi e di sfilacciarsi al momento della raschiatura per il recupero della propoli.
Le stesse reti antizanzare sono anche reperibili in plastica con maglie stampate che si rilevano abbastanza valide. Infine esistono sul mercato delle piastrine di plastica morbida con dei solchi trapezoidali che vanno inserite nella parte alta degli alveari. I vari tipi di rete vengono in genere incorniciati e posti orizzontalmente sotto il coprifavo.
Si può anche predisporre un’intelaiatura equivalente ad un melario con la rete disposta nelle pareti laterali a prolunga di quelle da nido. E’ bene ricordare che sia la luce che l’aria favoriscono la propolizzazione.
Questi accessori possono essere inseriti per tutta la stagione produttiva o utilizzati in estate e tolti insieme ai melari. Per il prelievo delle scaglie le reti vengono arrotolate e poste alcune ore in congelatore.
La cristallizzazione dovuta al freddo facilita il distacco delle scaglie mediante leggeri movimenti di flessione e di torsione della rete completati dal raschiamento e dal passaggio contro uno spigolo vivo analogamente a quanto si fa con i fogli da disegno arrotolati per farli diventare piani.
La conservazione’ del prodotto non pone particolari problemi. E meglio tuttavia confezionarlo in sacchetti di nailon e poi in scatole di cartone senza comprimere le masse e soprattutto evitare temperature al di sopra dei 10-12 gradi che favoriscono l’ agglomeramento dei pezzi.
La potenzialità produttiva dell ‘alveare, tenuto conto dell’ampia variabilità dei fattori che ne condizionano più o meno favorevolmente l’accumulo si può stimare in 100-300 grammi per alveare anno, di prodotto di prima scelta. In condizioni ottimali si possono raggiungere i 400-500 grammi annui.
Mercato e prospettive
L’ampia rivalutazione che questo prodotto secondario dell’alveare ha vissuto in questi anni ha portato ad un notevole scompenso del mercato con una decisa eccedenza della domanda sull’ offerta. Tuttavia, per la mancanza di una buona organizzazione, l’offerta non riesce a spuntare l’idonea remunerazione che tale squilibrio dovrebbe comportare.
In altre parole l’estremo frazionamento delle offerte, la mancanza di parametri che definiscono la qualità del prodotto, la tendenza speculativa degli acquirenti e altri elementi ancora rendono questo mercato molto al di sotto del potenziale che potrebbe esprimere. E’ ovvio poi che in tanto disordine le importazioni riescono a coprire una buona fetta della domanda nazionale a discapito dei produttori interni che non riescono ad inserirsi correttamente nel mercato.
Sicuramente le prospettive di questo mercato sono più che buone, lo sviluppo non potrà avvenire correttamente se non si riuscirà a consolidare la produzione e ad uniformare la qualità, elementi indispensabili per assecondare una domanda crescente ma al tempo stesso anche esigente.
Tenuto conto del basso costo delle attrezzature necessarie, del modesto lavoro richiesto e della totale mancanza di interferenze della produzione di propdii con le altre produzioni dell’alveare, la destinazione di parte o di tutto l’impianto apistico a questa produzione accessoria potrebbe portare ad un’accettabile integrazione di reddito da non trascurare visto l’attuale orizzonte della produzione tradizionale.
Lorenzo benedetti
Fonte: L’Ape Nostra Amica anno XXIV numero 5