sabato , 7 Settembre 2024
Le api e il colpo di fuoco batterico

Nasce il CTSTAA, un nuovo punto di incontro tra apicoltori e ricercatori

L’esigenza di costituire un comitato operativo che si occupi delle api da miele, animale selvatico di interesse zootecnico, e degli impollinatori selvatici, è nata durante la stesura dell’Appello per la tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone di Apis mellifera Linnaeus, 1758 in Italia, meglio conosciuta come Carta di San Michele all’Adige.

Gli estensori della Carta erano consapevoli che l’esigenza di tutelare la biodiversità delle varie popolazioni autoctone di api avrebbe potuto apparentemente essere interpretata come un ostacolo alla apicoltura produttiva. Conciliare nuovamente la tutela delle sottospecie di api da miele e l’apicoltura e dare nuovo impulso alla conservazione degli altri impollinatori è invece possibile senza ledere gli interessi economici di un importante settore del nostro comparto agricolo. Le api mellifiche, come tutti gli apoidei e gli altri insetti pronubi, sono seriamente minacciati da gravissimi fattori di carattere ambientale di origine antropica, tra questi vi è anche la deriva genetica delle sottospecie di Apis mellifera, tema sul quale non è ulteriormente possibile procrastinare un dibattito con tutto il comparto.

Quali sono le peculiarità della gestione di un animale selvatico di interesse zootecnico? Quali sono gli accorgimenti da attuare affinché si possa sollevare il comparto produttivo dal gravoso compito di essere anche gli unici “custodi” delle api (realtà assai diffusa in Europa)?

L’apicoltura è la gestione di un animale selvatico di interesse zootecnico e quindi allevabile: i confini della “sostenibilità” dell’allevamento sono dunque di difficile definizione: l’uomo utilizza solo in minima parte gli animali selvatici per la produzione e certamente l’apicoltura occidentale rappresenta un caso unico. Oggi rinunciare all’apicoltura è impensabile. Tuttavia, dopo aver evidenziato i rischi di alcune pratiche apistiche alle quali ricondurre l’attuale situazione genetica delle popolazioni di api (e lo ha fatto la Carta di San Michele all’Adige), il CTSTAA si propone come organo consultivo a disposizione di tutta la comunità ed in particolare dei portatori di interesse del settore.

Il CTSTAA (Comitato Tecnico Scientifico Tutela Api Autoctone) si pone l’obiettivo di essere il punto d’incontro tra apicoltori e ricercatori sul tema della gestione sostenibile dell’attuale patrimonio genetico delle popolazioni di api italiane, per offrire alle imprese apistiche l’opportunità di confrontarsi e discutere, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, delle tecniche apistiche e delle modalità di allevamento delle api che siano in grado di conservare un’alta variabilità genetica delle api autoctone e le caratteristiche di vitalità di tutte le api, compresi gli impollinatori selvatici.

Il CTSTAA si propone di tutelare oltre all’integrità genetica delle popolazioni di api autoctone (compresi gli impollinatori selvatici) nel territorio italiano, anche il benessere delle api coinvolte nelle attività di allevamento, nella ricerca e nella didattica, rispetto alla loro biologia e comportamento naturale.

Il CTSTAA opera secondo criteri di piena autonomia e indipendenza ed ha un regolamento che disciplina il funzionamento e che può essere visualizzato a questo link: http://www.bioapi.it/images/pdf/Regolamento_CTSTAA.pdf

I membri del comitato sono 7 apicoltori e 7 esperti/ricercatori che hanno come requisito comune quello di essere estensori e/o sostenitori della Carta di San Michele all’Adige. Il Comitato ha una casella di posta elettronica alla quale inviare la corrispondenza: bees@biodiversityassociation.org.

I componenti del CTSTAA gli apicoltori: Carlo Amodeo, Luigi Manias, Alessandro Manzano, Gabriele Marzi, Giovanni Stoppa, Marco Valentini (presidente), Fabrizio Zagni e i ricercatori/esperti: Laura Bortolotti, Alberto Contessi, Cecilia Costa (vicepresidente), Gennaro Di Prisco, Antonio Felicioli, Paolo Fontana, Valeria Malagnini.

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