Dopo un inverno assai lungo che ha messo a dura prova tutti o quasi tutti gli apicoltori italiani, dalle Alpi alla Sicilia, finalmente si sta aprendo una stagione promettente. Il passaggio dall’inverno alla primavera è stato tutto sommato abbastanza favorevole.
Dopo un mese di marzo molto irregolare ma non avverso (del resto sua caratteristica naturale), aprile è trascorso in modo abbastanza accettabile seppure con l’alternarsi di periodi favorevoli ad altri perturbati e di variabilità.
Compiute ormai tutte le operazioni primaverili che ci hanno consentito di riparare e compensare le sofferenze che gli alveari hanno sopportato con l’inverno, l’apiario si avvia verso la fase preparatoria del raccolto e richiede in questo bimestre un lavoro .intenso e impegnativo.
Il primo grande problema da affrontare riguarda la sciamatura: lo sviluppo delle colonie e il relativo incremento delle riserve e della popolazione di api sia adulte che allo stadio di covata, legato all’effetto stimolo dovuto all’aumento delle risorse alimentari esterne, oltre all’eventuale nutrizione stimolante, creano quelle condizioni di sovraffollamento che rappresentano a loro volta il punto d’avvio del fenomeno sciamatura.
Per contro le esigenze produttive ormai vicine ad essere realizzate richiedono famiglie forti, omogenee ed equilibrate per essere disposte al meglio nel bottinare sull’acacia e via via sulle altre fioriture tardo primaverili.
Nonostante i primi interventi eseguiti in apiario con le operazioni primaverili le condizioni degli api ari dimostrano ancora una certa differenza di sviluppo. Accanto ad alveari forti con regina più o meno giovane se ne avrà un secondo gruppo in condizioni medie e spesso anche una terza categoria che per il prolungarsi di fattori negativi si trova ancora in condizioni scadenti o mediocri.
Mentre il primo gruppo richiederà tutte le attenzioni per il controllo della sciamatura, che finiranno soltanto con la sovrapposizione del melario, per gli altri si dovrà favorire lo sviluppo soprattutto mediante la sostituzione della regina.
LA SCIAMATURA NATURALE
Per poter affrontare il tema della sciamatura naturale sarebbe necessario molto più spazio e tempo di quello di cui disponiamo, ma cercheremo ugualmente di condensare gli elementi che dal punto di vista operativo risultano essere i più importanti. Del resto questo fenomeno proprio della vita delle api costituisce oggetto di ampie e ricorrenti trattazioni sia sui testi che sulle riviste del settore.
Per comprendere innanzitutto tale fenomeno nella sua essenza dobbiamo inquadrarlo nel capitolo naturale della moltiplicazione della specie, anche se con caratteristiche del tutto singolari.
l’attitudine alla riproduzione è un fenomeno universale di tutti i viventi, sebbene possa essere in una certa misura contenibile, non potrà però essere controllato in maniera totale e sicura su tutti gli alveari.
Riguardo agli aspetti tecnico-operativi il controllo della sciamatura richiede una conoscenza profonda della biologia dell’alveare e dei fattori che vi entrano in causa direttamente.
Una molteplicità di elementi si intersecano e si succedono nell’ambiente esterno e nell’alveare fino a provocare, come in una sorta di reazione a catena, la costruzione delle celle reali con le quali l’alveare si assicura l’elemento più critico per attuare uno sdoppiamento: la regina.
Per quanto riguarda le forze chiamate in campo, come per tutti i fenomeni che caratterizzano gli esseri viventi, si deve attuare una prima suddivisione tra fattori intrinseci, ovvero genetici e fattori esterni, di carattere ambientale. Essendo la sciamatura caratteristica comportamentale delle api è ovvio che essa risponda alle leggi generali della genetica.
Sarà in larga misura il carattere genetico a determinare, a parità di condizioni esterne, una maggiore o minore tendenza alla sciamatura e questo carattere risulta inoltre essere largamente ereditabile tra diverse generazioni. Sicché mentre il recupero protratto nel tempo di sciami naturali confermerà e rafforzerà tale attitudine all’allevamento, la ricerca di riproduttori in colonie scarsamente propense a sciamare, comporterà, nel tempo, una rarefazione ed una attenuazione del fenomeno.
In merito invece ai fattori ambientali o acquisiti vanno elencate molteplici voci. Un primo gruppo riguarda il clima o, meglio, l’andamento stagionale. E noto a chiunque abbia un’esperienza pluriennale in apicoltura che vi sono forti differenze tra annate diverse legate all’evoluzione metereologica della primavera.
Annate in cui si succedono brevi piogge con brevi periodi di caldo inducono più facilmente alla sciamatura piuttosto che primavere calde e soleggiate e con qualche giorno di anticipo sulle medie stagionali di fioritura. È comunque da ricordare che in genere le annate favorevoli ad un’intensa sciamatura rappresentano altrettante occasioni per ottenere raccolti, superiori alla media a patto di saper controllare efficacemente la sciamatura stessa.
Un secondo gruppo di fattori che influiscono sulla sciamatura risultano essere di carattere strettamente biologico.
L’età della regina, la presenza di favi vecchi (con conseguente «frustrazione» della forte esigenza a costruire cera), la mancanza di spazio, l’eccesso di fuchi, (favi vecchi), eccesso di covata rispetto alle api nutrici o squilibrio tra nutrici e bottinatrici sono tra i principali fattori che, strettamente concatenati nell’ alveare e con l’ incessante pressante importazione di provviste, determinano in un susseguirsi di causa ed effetto e tramite meccanismi di comunicane chimica la costruzione di celle reali. Un ultimo gruppo di elementi che si inseriscono in questo complesso fenomeno è di natura tecnica e gestionale.
Diverse operazioni periodiche e stagionali ma soprattutto il loro tempismo di esecuzione possono efficacemente contrastare o favorire) la divisione dell’alveare in due colonie.
Ciò sta a significare che per la limitazione della sciamatura l’apicoltore deve operare in tempi opportuni con lo scopo di eliminare o attenuare tutti quei fattori ambientali, di clima e di comportamento di cui dicevamo sopra.
Tra i primi fattori tecnici capaci di controllare la sciamatura si pone il rinnovo sistematico (ogni due anni) delle regine. È ormai più che confermato che a parità di altre condizioni la tendenza alla sciamatura sarà massima per regine di tre anni o più, normale per regine di due anni e molto ridotta per regine di recente introduzione, un anno o meno.
In merito alle operazioni strettamente tecniche riveste la massima importanza la progressiva e regolare concessione di spazio. L’ampliamento dello spazio a disposizione con favi muniti di fogli cerei nuovi e in un secondo tempo, l’allargamento dello spazio fino al completo allontanamento della porticina costituiscono tutti fattori validi a limitare il sovraffollamento e l’eccessivo calore interno, altrettanti elementi di stimolo per avviare il processo della sciamatura.
Particolare significato assumono i fogli cerei i quali soddisfano le forti esigenze di costruzione della cera da parte delle numerose api ceraiole e assorbono un certo numero di operaie e di risorse, creando nuovo spazio per accogliere covata e/o nuove provviste e riducono il sovraccarico termico esistente nell’alveare.
In alternativa alla sciamatura naturale vi è poi la cosiddetta sciamatura artificiale, che consiste nello sfruttamento delle imponenti risorse esistenti negli alveari in questo periodo per costituire nuove unità produttive, senza togliere le potenzialità di produzione dei ceppi di partenza, evitando anzi che tale sovrabbondanza li spinga alla sciamatura spontanea con le note conseguenze negative rispetto alle capacità di raccolto.
A parole le tecniche della sciamatura artificiale sono piuttosto facili da comprendere e un po’ meno da attuare. Si tratta di prelevare da famiglie forti vario materiale nelle dovute proporzioni per ricostruire un nucleo capace di vita autonoma: favi di provviste, favi di covata a diversi stadi, api di casa e api nutrici, bottinatrici e fuchi vengono riuniti in una nuova arnia cui, con metodiche diverse, verrà affidata una nuova regina.
In base ai rapporti ed alle proporzioni dei prelievi si potranno costituire nuclei capaci di entrare in produzione più o meno rapidamente.
LA POSA DEI MELARI
L’esecuzione dei lavori in apiario ora citati si ripropone come obiettivo a medio termine la sovrapposizione del primo melario. È questo il momento che costituisce una sorta di interruttore tra sciamatura e produzione: mettere il melario vuol dire infatti chiudere definitivamente le prospettive della sciamatura e aprire le aspettative verso un più o meno abbondante raccolto.
Verificato che il nido sia al completo, con qualche foglio cereo ben lavorato e già riempito, si deve passare senza indugio alla fase del melario: la disponibilità, leggermente anticipata rispetto alla totale saturazione degli spazi inferiori, di nuovo spazio nella parte alta proprio nel momento in cui le bottinatrici sono ormai una moltitudine e apportano quotidianamente ingenti quantità di provviste spegne definitivamente ogni spinta alla duplicazione e induce le famiglie a dedicarsi esclusivamente al raccolto.
Da ricordare in ultimo che la buona riuscita dell’operazione è legata ad un perfetto tempismo nella sua esecuzione, perché mentre la sovrapposizione tardiva favorisce l’evento della sciamatura, l’eccessiva precocità può, se le condizioni climatiche non sono ancora sufficientemente temperate, determinare un certo raffreddamento della covata a causa del repentino aumento di spazio da riscaldare che disperde le ancora esigue capacità di controllo della comunità.
L’ELIMINAZIONE DELLE CELLE REALI
Prima della sovrapposizione del melario è buona regola assicurarsi mediante un accurato controllo del nido dell’esistenza di eventuali celle reali. Se la nostra ricerca darà esito positivo verificando così che i preparativi per la sciamatura sono ormai completi e che questa non potrà essere più fermata, si deve attuare un cambio immediato di programma in quanto sarebbe perfettamente inutile e anzi dannoso insistere a mettere il melario. È pratica piuttosto diffusa in questi casi il ricorso all’eliminazione radicale di tutte le nuove cellette reali costruite, ripetuta in genere una o massimo due volte a distanza di sette o otto giorni.
Si tratta di un rimedio a posteriori che non incide sulle cause della sciamatura ma ne elimina il fulcro che verrà il più delle volte ricostruito dalle api in breve tempo. C’è infine da ricordare che la semplice dimenticanza di una sola cella reale, molto più facile di quanto si creda, è agli effetti della sciamatura, pienamente sufficiente a provocarla.
LA SOSTITUZION E DELLA REGINA
Nell’apicoltura intensiva il rinnovo delle regine avviene generalmente a fine stagione, dopo il raccolto. Se l’allevamento è condotto razionalmente e il ciclo degli alveari in produzione e in rimonta si mantiene regolare, il sistema si dimostra ottimale.
Negli allevamenti medi e soprattutto in quelli condotti per hobby gli alveari vengono invece seguiti diversamente e il più delle volte si dimostra utile o necessario ricorrere al cambio delle regine a primavera, prima del raccolto.
Il rinnovo riguarderà in particolare tutti quegli alveari che per qualunque motivo sono rimasti deboli o hanno subito qualche danneggiamento durante la stagione invernale o primaverile: casi di malattie, diarrea, orfanità, riunioni, spopolamenti, avvelenamenti, alveari con covata insufficiente e così via costituiscono esempi in cui è richiesta la sostituzione abituale della regina.
L’incremento della disposizione della nuova riproduttrice e il conseguente aumento di popolazione porterà rapidamente gli alveari in condizioni sufficienti per dare un certo raccolto. Ecco allora che la disponibilità in alcuni alveari di celle reali rappresenta un’occasione per eseguire questo rinnovo seguendo un metodo semplice e sicuro.
Eliminata la vecchia regina almeno 3-4 ore prima, si introduce un favo con cella reale o una porzione di esso che la contiene.
È utile precauzione ricoprire i lati della celletta con carta stagnola per evitare eventuali reazioni aggressive da parte delle api operaie. Esistono molti altri sistemi per attuare il cambio delle regine e avremo occasione di parlare degli altri.
Per ora è sufficiente tenere conto di queste indicazioni generali in base alle quali è possibile guidare il proprio allevamento per tutto questo periodo impegnativo ma determinante per poter raggiungere il momento successivo dei lavori, quello legato alle operazioni vere e proprie di raccolta del miele.
Lorenzo Benedetti
Fonte: L’Ape Nostra Amica Anno IX N. 3