Ormai in questo mese dentro i nostri alveari la vita è ripresa in pieno, favorita dalle giornate miti e dallo sbocciare dei primi fiori. Nei prati si vedono le primule e le violette alacremente visitate dalle api, l’erica carnea è in piena fioritura, vicino ai boschi il nocciolo è già sfiorito e sta cominciando la fioritura del salice molto appetibile dalle api. Volgendo attorno lo sguardo ovunque si notano segni di primavera.
Il passaggio dai rigori invernali e dal lungo letargo nel glomere a nuova vita e nuove speranze è molto importante per i nostri alveari. Dovremo quindi seguirli con molta attenzione e con occhio esperto cercando di rimediare ad eventuali carenze che certamente troveremo dentro i nidi.
Ci sarà chi avrà già fatto una prima sommaria visita in febbraio, ora è il momento di approfondire il controllo. Bisogna accertarsi che in tutti gli alveari ci sia la regina, basta vedere la covata femminile per esserne certi; può darsi però che qualche regina, troppo vecchia o malata, sia in ritardo nella deposizione e in questo caso, dopo essersi accorti della sua presenza, segnare l’alveare. Sarà opportuno al momento adatto sostituirla perché sicuramente non darà alcun frutto nella prossima stagione.
Si controlla lo stato di salute dei telaini, se ce ne sono di ammuffiti o troppo vecchi si sostituiscono con altri favi in buone condizioni. Non è ancora il tempo di dare fogli cerei, si rischierebbe di raffreddare troppo il nido con grave perdita di covata giovane ed inoltre verrebbero rosicchiati e rovinati dalle api. Per l’aggiunta di fogli cerei bisogna aspettare il momento della grande importazione. Per ora bisogna tenere i nidi stretti e caldi perché avremo ancora notti fredde e brutto tempo. Dove ci si accorge di eccessiva umidità formata dal calore della covata è meglio allargare le porticine quel tanto che basta, ci penseranno poi le api a ventilare la loro casetta.
Certamente in queste prime, visite troveremo alveari con umidità, segni di micosi sui telaini laterali, magari escrementi delle api sui telaini, sui coprifavi e sulle pareti dell’arnia, fondi pieni di scorie e api morte: tutto questo è conseguenza della lunga clausura e magari anche di un cattivo invernamento.
È bene, là dove si riscontrano queste anomalie, prelevare dei campioni d’api e fare le analisi di accertamento per poter curare le famiglie, in caso di malattia, nel modo più appropriato. Prima di tutto, però, preparare un’arnia ben pulita e sterilizzata, travasarvi dentro l’intero nido scartando il più possibile i telaini sporchi o troppo vecchi.
Nutrire con buon sciroppo arricchito con vitamine ed eventuali medicamenti a seconda dei casi diagnosticati; mai dare medicinali senza prima aver fatto i dovuti accertamenti, si rischierebbe di provocare risultati opposti a quelli desiderati.
È l’ora pure di scegliere e controllare gli alveari da destinare alla sciamatura: certamente sceglieremo le famiglie più forti, di indole più mite e con regine molto prolifiche.
Dopo essersi accertati dello stato di salute ed efficacia di questi alveari, li segneremo e inizieremo poi una buona nutrizione stimolante, prima con candito e gradatamente con l’avanzare della buona stagione con la nutrizione liquida. Vedremo così crescere le famiglie gradatamente fino al momento del grande esodo e otterremo così degli ottimi sciami selezionati ed in più molte celle reali che potranno formare dei buoni nuclei; avremo così fatto una selezione scartando gli alveari non produttivi.
Non è detto che questi si debbano eliminare, ma, opportunamente riuniti eliminando le regine più scadenti, andranno ugualmente a melario e provvederemo poi a cambiare le regine a raccolto avvenuto utilizzando quelle dei nuclei di selezione.
Per formare detti nuclei non servono tecniche particolari. Si ottengono dividendo il ceppo restante della sciamatura in due o tre nuclei a seconda delle celle reali disponibili, ma di questa tecnica ne parleremo dettagliatamente al momento giusto.
Per chi intraprende la produzione di pappa reale è ora il momento di incominciare a controllare i cassoni o le arnie predisposte allo scopo accertandosi della presenza della regina, della consistenza della covata, della pulizia dei nidi, della salute delle famiglie e incominciando la nutrizione stimolante. E’ ancora presto per preparare gli starter.
Sappiamo che per questa pratica ci vuole un gran numero di api giovani e perciò dobbiamo provvedere in tempo se vogliamo arrivare al momento del raccolto con gli alveari pronti ed efficienti.
Fatte queste visite rimetteremo tutto a posto come prima; non è ancora il tempo per il completo svernamento, anzi, con la presenza di molta covata e ancora poche api vecchie, c’è bisogno di molto calore, perciò lasciare ancora il materiale coibente sopra il coprifavo e i diaframmi dentro l’arnia.
Può darsi che, dato il protrarsi di tempo umido e freddo che in questo mese non è raro, si sviluppino forme di diarrea o si notino molte api con l’addome gonfio e pesante tanto da non essere capaci di alzarsi in volo.
Questo stato di cose si crea quando, per il grande bisogno di polline fresco per nutrire la nuova covata, le api vanno a bottinare anche con tempo non favorevole e così il polline troppo freddo provoca loro uno stato di congestione con conseguente blocco intestinale e difficoltà di digestione.
Tutto questo indispone le api e in molti casi provoca lo spopola mento di qualche alveare; in genere quelle colpite da questo malore sono le famiglie più deboli.
Si può ovviare a questo problema aiutando le api con somministrazione di sciroppo tiepido abbastanza denso al 60-70% e con l’aggiunta di sostanze vitaminiche come già spiegato.
Ottimo è il lievito di birra, l’aglio, i limoni, il vino bianco e non ultimo il Pollinvit.
Dopo la metà di questo mese si può provvedere anche a fare le riunioni degli alveari deboli o orfani. Ci è sempre stato consigliato di riunire sovrapponendo gli alveari con il giornale in mezzo; io da molti anni non uso più questo metodo.
Si possono unire le famiglie senza alcun problema anche. direttamente, basta operare in questo modo: individuate le famiglie da riunire, se è possibile affiancarle qualche giorno prima; levare il coprifavo, cospargere sopra i favi un pizzico di canfora richiudere per qualche minuto riaprire e spostare di lato i telaini coperti d’api dell’alveare ricevente, mettere un diaframma normale e aggiungere le api dell’altra famiglia con i suoi telaini.
Dopo qualche giorno si può levare il diaframma e unire le due famigliole, si saranno nel frattempo fraternizzate grazie anche alla canfora che ne ha confuso gli odori. Si perderà qualche ape vecchia che tornerà al vecchio posto e non trovando il proprio alveare entrerà nelle arnie vicine, poco male in quanto sono rimaste le api giovani per proseguire la nuova famiglia formata.
Questo sistema io lo uso in tutte le stagioni, certamente prima mi assicuro che le api siano sane, altrimenti si rischia di trasmettere le malattie da un’ alveare all’altro.
Per chi ha intenzione di intraprendere la produzione di polline è bene scegliere già le famiglie forti da destinare a tale scopo. Prepararle travasate in arnie con fondo pigliapolline e separarle dalle altre; questo per evitare il fenomeno della deriva, perché, trovando difficoltosa l’entrata del pigliapolline, le api entrerebbero nelle arnie vicine spopolando così gradatamente le altre. E’ inutile voler provare la produzione con arnie deboli, si rischia di compromettere lo sviluppo della famiglia stessa.
Predisposti gli alveari non mettere ancora le trappole, è troppo presto, le api hanno ancora bisogno di tutto il raccolto per nutrire la covata, meglio aspettare la fioritura del tarassaco (dente di leone). Nel frattempo le api si abitueranno alla nuova casa senza traumi al momento del raccolto.
Con lo sviluppo della covata anche la Varroa prolifica minacciando gli alveari, bisogna quindi prendere i provvedimenti del caso. Ormai non è più il caso di affidarsi al sentito dire o al pressapochismo ma di agire con sicurezza e uniti.
Ripeto ancora quanto già detto in febbraio: impegniamoci a fare subito le dovute ricerche sui nostri apiari così sapremo il livello di infestazione dei nostri alveari e agiremo di conseguenza.
La Varroa non c’è là dove non si è cercata; ma per quanto mi risulta un po’ qua e un po’ là è presente in tutte le vallate del Trentino e ogni giorno si riscontra qualche caso nuovo. Scusate se sono tornato su questo argomento, ma penso sia il pensiero e la preoccupazione di tutti gli apicoltori.
È presto ancora per mettere nell’arnia il telaino trappola per covata maschile; quando sarà il momento spiegherò un sistema molto pratico di controllo.
Per il resto dei lavori in apiario, l’apicoltore diligente provvederà al controllo e alle pulizie di primavera. L’apiario deve essere come la casa, in ordine e pulito magari abbellito con qualche tinteggiatura nuova e qualche fiore. Non lo crederete ma anche queste piccole cose hanno il potere di rendere le api più miti; io le api cattive le ho sempre viste in apiari mal tenuti e scalcinati, e questa è «verità».
Per quanto posso cerco di dare dei consigli utili e magari per qualcuno saranno già superati, ma ci sono anche nuove leve che ne hanno bisogno.
Chiudo sentendo già nell’aria il profumo dell’imminente primavera con il ronzio gioioso delle nostre api e l’olezzo dei fiori pronti per donarci il prezioso nettare e polline per la continuazione della vita.
Francescatti Pietro