venerdì , 1 Dicembre 2023
Il glomere

Il glomere la sua importanza ai fini dello sviluppo invernale

Numerosi studi hanno dimostrato come la temperatura sia determinante nell’influenzare l’attività dell’ape e, quindi, della colonia. Raramente l’azione di bottinamento dell’ape si svolge con temperature inferiori ai 10°C o superiori ai 37°C. Solo la colonia, nel suo insieme, ha la capacita di regolare la temperatura interna dell’alveare, facendo sì che la vita, al suo interno, prosegua pressoché in modo costante.

Sin dalla metà del XIX secolo, Lorenz Lorraine Langstroth, il padre dell’apicultura moderna, ebbe modo di constatare come famiglie popolose, disponendo di acqua e di adeguate provviste alimentari, quali miele e polline, facilmente raggiungibili, fossero perfettamente in grado di superare i freddi più intensi (fino a temperature di – 45°C) come le estati più torride, sopportando temperature fino a 50°C.

Appare opportuno ricordare che la colonia di api deve essere considerata come il vero organismo vivente poiché i singoli individui non sono in grado di sopravvivere singolarmente: regina, fuchi e operaie sono infatti da considerarsi alla stregua di cellule di un organismo vivente, ciascuna con una propria specializzazione. È il loro continuo ricambio che garantisce la vita della famiglia e l’apicoltore deve pertanto occuparsi delle condizioni e delle necessità dell’intero alveare, non di ciascun individuo.

Al termine della stagione produttiva, l’alveare deve essere formato da un congruo numero di operaie, capaci di superare il periodo invernale. L’analisi delle condizioni della colonia è la sintesi di differenti situazioni, non sempre codificabili. Prendendone in considerazione solo alcune, e possibile fare alcune riflessioni.

Le famiglie molto popolose consumano maggiori quantità di polline e miele che deve essere presente nei favi al termine della stagione produttiva; questo comporta una sottrazione di spazio per la covata che, pertanto, risulta meno estesa in relazione al numero di api svernanti.
Nelle famiglie meno popolose, in proporzione, e maggiore il numero di api che viene destinato all’allevamento della covata; per contro sono molto poche le operaie che possono dedicarsi alla raccolta del nettare.

La longevità di un’operaia e legata alla sua attività di allevamento della covata e, quindi, alla riduzione di pappa reale, in genere viene rapportata all’attività di bottinamento, ma questo non è corretto. Aumentando il flusso nettarifero, aumenta l’attività di bottinamento della colonia e, contestualmente, la produzione di uova della regina. L’osservazione più banale e, di conseguenza, quella che sia l’attività di raccolta la causa del raccorciamento della vita dell’operaia, mentre la causa vera è rappresentata dall’attività di allevamento della covata, covata che cresce al crescere del flusso di nettare.
Le probabilità che un alveare rimanga orfano nel periodo invernale crescono in modo direttamente esponenziale rispetto all’età della regina. È minimo con regine di 1 anno (10 % circa) mentre diviene massimo con regine di 4 anni pressoché il 100%).

Perché una colonia di api possa produrre miele, essa deve essere posta in grado di sfruttare un eventuale flusso di nettare presente in un determinato momento nell’ambiente nel quale essa vive. Le condizioni nelle quali l’alveare viene invernato sono determinanti affinché questa accada.

In pratica, le colonie devono essere invernate in assenza di stati patologici, con api giovani e vitali non stremate da elevati carichi di varroe, con adeguate scorte alimentari (soprattutto di polline, difficilmente somministrabile artificialmente), con regine giovani (possibilmente dell’anno), vitali e di buona genetica. Solo in presenza di queste condizioni nell’alveare si può garantire il totale ricambio delle api nate nel periodo preinvernamento con quelle nate a seguito della ripresa della covata della nuova stagione. Le perdite invernali sono dovute sostanzialmente a crisi di fame e carenza di polline, orfanità, scarsa vitalità delle api e presenza di malattie, Spesso gli apicultori, anche professionisti, non quantificano tali perdite o comunque non conferiscono ad esse una corretta valutazione economica, causa la straordinaria capacità di ripresa degli alveari.

La forza della colonia, commisurata col numero degli individui adulti, assume importanza fondamentale sotto l’aspetto dei risultati produttivi. Lo stesso quantitativo di api che costituisce una colonia può essere diviso in due o più famiglie. Ad esempio qualora 80.000 operaie sono suddivise in 4 colonie di 20.000 api ciascuna, i risultati produttivi di miele sarebbero pari a circa la metà (dal 30 % al 70 %)
Allorchè la temperatura esterna scende al di sotto dei 10°C le api operaie si stringono insieme, formando il glomere. In questa situazione ciascun individuo attiva, all’altezza del proprio torace, un processo metabolico, che porta a diventare una sorta di minuscola stufa. La temperatura del torace si eleva fino a raggiungere valori oscillanti tra i 26 ed i 35,5 °C. Per questa operazione l’ape deve assumere del miele che deve poter reperire nell’immediata vicinanza del glomere.
Il Glomere la sua importanza ai fini dello sviluppo invernale Il glomere non è una sfera compatta. Le operaie si concentrano tra i favi e le celle vuote formano una sorta di conchiglia che racchiude uno spazio interno vuoto a disposizione della colonia. Tanto maggiore è il numero delle api operaie, tanto più grande è la sfera che esse riescono a costituire e perciò lo spazio a disposizione per le attività dell’alveare.
Le api che formano il glomere assumono il miele dai favi e, avviando il processo metabolico descritto in precedenza, tendono ad elevare notevolmente la temperatura sia della parete del glomere stesso, sia della sua parte interna. E’ stato osservato come con temperature di circa -26°C già a 2,5 centimetri dello spessore della parete del glomere la temperatura si porti a valori di circa – 8°C

È indispensabile che le api possano, nel momento in cui costituiscono il glomere, reperire il miele al suo interno poiché quello che si viene a trovare in favi lontani è per loro irraggiungibile infatti, non appena un’ape abbandona il glomere non potendo più godere della copertura termica che esso garantisce va incontro a morte certa. Pertanto, nel caso di una formazione di glomere prolungata, la colonia, pur ricca di scorte lontano dal glomere mostra un elevato tasso di mortalità

Il Glomere la sua importanza ai fini dello sviluppo invernale La grandezza del glomere varia principalmente in funzione di due parametri: il numero delle api operaie che compongono la colonia e la temperatura esterna, considerando che, con l’abbassarsi delle temperature è maggiore lo spessore del glomere e quindi il numero di api che lo compone. Per questo motivo, è prevedibile che esso tenda ad occupare uno spazio sempre maggiore col progredire della stagione invernale, sia perché le temperature sono via via più miti, sia per il crescere dei componenti la colonia di api
Affinché una colonia non subisca una contrazione invernale, il numero di api che nascono durante il periodo di svernamento deve essere almeno pari a quelle che, nello stesso periodo muoiono. Questi due valori sono legati tra loro da un semplice rapporto matematico: la quantità di api che vanno a costituire la parete del glomere (più anziane) deve essere almeno uguale alla covata in allevamento. Pertanto, ci deve essere un corretto rapporto fra la superficie del glomere e il suo volume.
Il Glomere la sua importanza ai fini dello sviluppo invernale È possibile fare alcune considerazioni: supponendo che ogni centimetro quadrato (cm2) di parete del glomere sia formato da 10 api che si stratificano le une sulle altre e considerando che per ogni ape allo stadio larvale sono necessari (conteggiando sia il volume della celletta sia lo spazio tra i favi)  circa 0,5 centimetri cubici (cm3), occorre che le api formino un glomere con un volume (in cm3) 5 volte superiore alla superficie (in cm2) in tale situazione il glomere occupa un volume con raggio di circa 15 centimetri e, pertanto interessa 7-8 favi.
Il Glomere la sua importanza ai fini dello sviluppo invernale Nel caso di temperature invernali più alte, che richiedono glomeri con pareti meno spesse, sono meno le api chiamate a costituirlo. Seguendo l’esempio precedente, qualora siano solo 6, il rapporto fra volume è superficie è pari a 3. In questo caso il volume del glomere deve avere un raggio non inferiore ai 10 centimetri, garantendo la copertura termica a 6 favi. Pertanto, nei casi in cui non si registrano temperature significativamente inferiori agli 0°C, è raccomandabile che le colonie vengano invernate con almeno 6 favi ben coperti di api.

Fonte: news febbraio 2021 ApicUltori Treviso

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