L’alimentazione invernale
La frenetica attività dell’apicoltore non conosce soste e si sviluppa lungo l’intero corso dell’anno, alternando ciclicamente, come le stagioni, la preparazione al raccolto, la sciamatura, il controllo sanitario, l’invernamento delle colonie, la somministrazione di alimentazione zuccherina e proteica per incrementare la covata e la popolazione di api, anteprima di una nuova stagione produttiva.
Per “riposo inverrnale” intendiamo dunque il periodo invernale in cui le famiglie d’api limitano ogni attività in relazione alle temperature rigide, periodo nel quale la coibentazione e l’alimentazione assumono fondamentale importanza per la sopravvivenza.
Nei mesi di dicembre e gennaio possiamo limitare le visite in apiario ad un rapido ma attento controllo dell’aspetto esterno degli alveari, eliminando se necessario gli elementi in grado di ostruire l’entrata di volo, come neve in montagna o cumuli di api morte, specie nelle zone umide in conseguenza di attacchi di nosema. Per permettere alle famiglie di superare senza problemi il periodo freddo è fondamentale curare in modo appropriato il posizionamento e l’eventuale coibentazione degli stessi: l’umidità rappresenta un pericolo concreto sia per la muffa e il deperimento provocato su favi e polline, sia per il Nosema favorita dall’ambiente umido. Riguardo alla coibentazione e all’opportunità di coprire le arnie, è bene ricordare che le api non temono eccessivamente il freddo, bensì l’umidità, per cui sono da evitare tutti gli accorgimenti che limitino in qualunque modo l’areazione.
Restringere la famiglia tra due diaframmi in corrispondenza del foro di nutrizione, una coperta, un vecchio maglione tra il coprifavo e il tetto in lamiera saranno più che sufficienti per far sì che il calore non si disperda dall’alto. Osservando il volo delle api potremo individuare eventuali segni della presenza di Nosemiasi, malattia sottovalutata dalla maggior parte degli apicoltori per l’assenza di sintomi esclusivi; la difficoltà delle api a volare, il raccogliersi in massa sul predellino e sul terreno davanti all’arnia, i fenomeni diarroici visibili e non visibili all’interno dell’arnia sono sintomi preoccupanti, che giustificano maggiori interventi da parte dell’apicoltore. Pulire e magari capovolgere il vassoio affinché non ristagni l‘umidità; disinfettare le arnie almeno 1 volta l’anno; acido peracetico e quella che si chiama la corretta tecnica apistica.
Lotta alla nosemiasi
Di metodi miracolosi contro il Nosema non se ne conoscono e l’uso del Fumidil b è proibito. Utile, sembra, posare un tampone di carta tipo Scottex sul vassoio dopo avere instillato 10 cc. di acido acetico al 30% ; un intervento alla fine di ottobre, due volte a distanza di dieci giorni, e in febbraio lo si ripete.
Il metodo LISOT Tecnico apistico Regione Veneto consiste nell’acidificare lo sciroppo dell’alimentazione autunnale con aceto di mele (2 kg di zucchero + 40 ml di aceto di mele + 1 spicchio d’aglio + 1 litro d’acqua).
Testato da numerose ricerche l‘utilizzo di Api Herb (integratore alimentare) contro il nosema con 3 interventi a 7 giorni a marzo.
In questo periodo è opportuno utilizzare il candito addizionato di Api Herb almeno alle famiglie che denotano una mortalità maggiore sul predellino e con api con addomi gonfi.
Nei mesi invernali è poi di fondamentale importanza curare con attenzione l’alimentazione delle colonie, considerando opportunamente le scorte alimentari che avremo avuto cura di lasciare durante le visite pre-invernali e calcolando il fabbisogno di ciascuna famiglia, alla quale eventualmente somministreremo candito facilmente raggiungibile dal glomere.
Può succedere che alcune famiglie consumino il nutrimento in maniera più rapida e altre più lentamente, a seconda della popolosità o che il candito non venga consumato affatto, il che può dipendere dal fatto che il glomere non si trova in corrispondenza del foro nutritore e le api non riescono a raggiungerlo per la temperatura rigida che ne inibisce i movimenti.
È sempre meglio mettere a disposizione delle api del candito che non verrà consumato piuttosto che lasciarle morire per fame ed è quindi bene approvvigionarsi per tempo dei quantitativi necessari, calcolando un consumo medio, in dicembre e gennaio di un chilogrammo al mese, a febbraio di più e da marzo in pianura si può iniziare con l’alimentazione liquida più concentrata.
Lavori di magazzino
Dicembre, gennaio e febbraio sono infine i mesi più adatti per svolgere quei lavori che possiamo definire “di magazzino”, approfittando del tempo libero dato dall’assenza di continui interventi in apiario per predisporre il materiale che servirà agli inizi dell’annata apistica. È il periodo più opportuno per predisporre o acquistare i telai, a seconda delle capacità e del tempo di cui possiamo disporre, predisponendo o acquistando i singoli listelli da inchiodare o acquistando il telaio già pronto da infilare. L’acquisto va fatto calcolando l’effettiva necessità di nuovi telai, in relazione al numero delle famiglie, al numero dei favi vecchi o malandati ancora presenti, all’opportunità o alla volontà di creare nuove famiglie, ivi compresi gli sciami naturali. Ai telai, una volta completati con il filo stagnato o meglio inox, aggiungeremo il foglio cereo solo più tardi, al momento dell’utilizzo, per evitare danneggiamenti e facilitare l’immagazzinamento.
In magazzino, in laboratorio o comunque nel luogo destinato da ognuno ad ospitare il materiale e l’attrezzatura necessaria per l’attività apistica, è quindi tempo d’inventario e approvvigionamento, in preparazione della nuova stagione produttiva.
Fonte: news gennaio 2021 ApicUltori Treviso