Ho letto su una nota rivista queste righe dell’autore. Egli afferma: “Ho incontrato un giovane amico piuttosto preoccupato dal fatto che durante il volo di purificazione, le sue api avevano macchiato il predellino, la parete anteriore, e anche la tettoia. L’ho rassicurato; è buon segno di salute”.
Quanto accaduto nell’apiario del “giovane amico” si ripete assai spesso: uno, due o tutti i nostri alveari si trovano in tali condizioni. La diagnosi dell’autore si rivela, però, a mio modesto avviso, forse eccessivamente ottimistica. lo ritengo infatti che le api meglio invernate svuotano l’ampolla rettale, nel volo di purificazione, lontano dall’alveare.
Analizzando le colonie che hanno dato segni di dissenteria, ne deduciamo che le cause del fenomeno sono molteplici. Ricordiamo:
1) dotazione di scorte invernali improprie;
2) esposizione dell’alveare in posizione troppo “fredda”;
3) disturbi gravi dovuti alle intemperie;
4) orfanità o mancanza di ossigeno;
5) malattie (nosema, acariosi).
1) Dotazione invernali improprie
Qualora, sottoponendo le feci a controllo microscopico, queste rivelino la presenza di melata si ha il caso in cui le api sono state invernate su scorte, in parte o del tutto, composte da miele di melata. (fungi imperfecti) È infatti fenomeno tipico in apiari del Trentino e dell’Alto Vicentino in presenza di mieli di melata (abete bianco, abete rosso e più raramente, sulla costa, quercia e tiglio, ecc.) (Ricciardelli D’Albore G.: “Nuove osservazioni microscopiche sui mieli del Trentino “, In “L’apicoltore moderno”. n. 5, pag. 177).
I mieli di origine animale, quali la melata, sono ricche di maltodestrine e polisaccaridi, non intaccabili dall’enzima di cui l’ape dispone. Non potendo perciò essere digeriti, si accumulano nell’ampolla rettale, causando danni a volte gravi. Tuttavia, in un inverno come quello appena trascorso, piuttosto favorevole per le api, tali scorte non possono essere state causa di dissenteria e quindi di diarrea e addirittura morte delle api. Solo un apicoltore particolarmente sprovveduto può aver subito dei danni per tale motivo.

2) Esposizione dell’alveare in posizione troppa fredda
Mi si consente l’esposizione di un caso personale. Su un totale di più di cento alveari, gli uni che non hanno presentato questo inconveniente, sono stati il primo a destra dell’apiario “Canova” (alt. 600 m. sul livello del mare) e il primo a sinistra dell’apiario “Carlbolo”(alt. 400 m. sul livello del mare). Tali famiglie, esenti da nosema od acariosi, non furono nutrite a fine anno con sciroppo integrativo perché le scorte erano sufficienti, né furono trattate a scopo preventivo.
Solo questi due alveari, non protetti ai fianchi, hanno dato segni premonitori dissenteria, nonostante che tutte le famiglie, in queste posizioni, avessero bottinato in tarda estate su delle melate.
3) Disturbi gravi dovuti alle intemperie.
Non li consideriamo a causa delle temperature ottimali dell’inverno nell’anno in corso.
4) Orfanità o mancanza di ossigeno.
Entrambe queste situazioni spingono la colonia ad una agitazione eccessiva, con fruscio costante. Ne consegue un notevole aumento nel consumo delle scorte ed un anormale accumulo di feci nell’ampolla rettale, che esige più frequenti voli di purificazione delle api che, appesantite devono scaricare subito, nei dintorni dell’arnia o sulla stessa, le feci.
5) Malattie (nosema, acariosi visibili con esame microscopico delle feci o delle tracce).
Sintomo secondario di tali malattie è costituito dal trattenimento anomalo delle feci nell’ampolla rettale, che impedisce, come abbiamo visto sopra, il volo di purificazione in zona lontana dall’alveare. Tali malattie sono individuabili solo al microscopio.
Conclusioni
Solo un invernamento delle api razionale può evitare perdite non desiderate in periodo invernale; è perciò estremamente necessario un accurato lavoro di preparazione all’invernamento da parte di tutti quegli apicoltori talmente affascinati dal loro allevamento da non lasciare nulla al caso. Diamo, per ora, un consiglio a quanti dovessero venirsi a trovare nelle stesse condizioni dell’amico trentino.
1) Spedire le api appesantite che si trovano ai piedi dell’alveare, in numero di 10/20, in una scatoletta di fiammiferi, agli Istituti o Laboratori che si occupano delle analisi sulle malattie delle api;
2) distribuire in ogni caso, nel frattempo, sciroppo caldo (nelle giornate di volo, con temperatura di 10-15°C). per favorire l’uscita delle api;
3) restringere il nido, il più possibile, con diaframma, e distribuire dei favi di miele opercolato (il candito, a base di zucchero, sarebbe micidiale in caso di nosema od acariosi, perché poco digeribile). La sua bassa umidità (15% di acqua), potrebbe dare una svolta positiva all’anormalità riscontrata.
Enrico Testolin