sabato , 23 Settembre 2023
Le api e l'ambiente: un equilibrio da monitorare
Foto di Francisco Corado da Pixabay

Le api e l’ambiente: un equilibrio da monitorare

Le api ovvero gli Apoidei antofili, quelli che per vivere sono strettamente legati ai fiori risultando quindi eccellenti impollinatori, sono un gruppo di insetti di cui si conoscono oltre 25.000 specie a livello mondiale; in Europa sono segnalate circa 2.000 specie e di queste oltre 1.000 sono note per l’Italia. Sono molti gli organismi impollinatori ma in Europa questi sono esclusivamente insetti e soprattutto coleotteri, ditteri, lepidotteri e imenotteri; a questi ultimi appartengono le api. La loro grande efficienza come impollinatori deriva dal fatto che, a differenza degli altri insetti impollinatori, esse basano tutta la loro esistenza, sia come insetti adulti che durante gli stadi giovanili, su quanto offrono loro i fiori e cioè il polline ed il nettare. Il nettare è per le api una fonte energetica, che possono trovare anche nella melata o in succhi zuccherini di frutti, ecc. Ma l’unica fonte proteica e lipidica di questi insetti deriva dal polline e per questo il loro legame con i fiori è indissolubile e per tale stretto legame questi insetti sono considerati degli eccellenti bioindicatori.

In genere, quando ci si riferisce alle api, si tende a considerare solo una specie, l’ape da miele o mellifica, l’Apis mellifera descritta da Linneo nel 1758. L’importanza di questa specie deriva dalla possibilità di allevarla con grande facilità potendo così ottenere prodotti di straordinaria importanza per l’alimentazione e la salute umana.

Allevata probabilmente da 8-6.000 anni, fino a tempi molto recenti l’importanza dell’ape mellifica è derivata dalla produzione del miele ma anche della cera e della propoli. Questa situazione è cambiata radicalmente solo negli ultimi decenni ed oggi uno dei beni più preziosi che l’apicoltura è in grado di fornire alla società umana è proprio l’impollinazione delle piante coltivate.

Con la rivoluzione verde i campi coltivati, radicalmente trasformati dalla diffusione delle monoculture e dal sempre più intenso uso di agrofarmaci, hanno registrato in molti casi la scomparsa dei pronubi naturali per l’effetto della semplificazione vegetale, delle lavorazioni del terreno e soprattutto a causa degli insetticidi o acaricidi. Poiché solo l’impollinazione entomofila, quella mediata da insetti, garantisce in genere una adeguata produttività sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, si rende in molti casi necessario trasferire insetti impollinatori allevati o gestiti dall’uomo nelle aree coltivate durante il periodo di fioritura, per poi allontanarli (nel caso dell’ape mellifica) o lasciarli a loro stessi (come per i bombi o altre poche specie di apoidei).

Negli ultimi anni, tuttavia, il mondo dell’agricoltura ha tuttavia compreso che l’attività agricola deve trovare nella biodiversità degli agroecosistemi una risorsa interna, in grado di favorire gli obbiettivi produttivi ed economici degli agricoltori, ed una risposta concreta alla sempre maggiore richiesta di sostenibilità proveniente dai consumatori.

La ricerca oggi dimostra ad ogni piè sospinto che solo agroecosistemi complessi, che vedano la presenza di catene ecologiche ampie, possono essere più idonei ai fini produttivi. Si è ricominciato a pensare al terreno non come ad un supporto ma come un ecosistema ed alla presenza di piante diverse da quella coltivata come un serbatoio di nemici naturali degli organismi pericolosi per la coltura in atto. Nei decenni passati la ricerca in agricoltura ha ottenuto notevoli successi, anche sulla strada verso la sostenibilità, attraverso il monitoraggio dei parassiti o dei patogeni delle colture, abbandonando la dannosa quanto spesso poco efficace lotta a calendario.

Con la riscoperta del grande valore agronomico della biodiversità negli agroecosistemi ad essere oggetto di monitoraggio sono oggi anche molti altri organismi come i macroinvertebrati del suolo (fondamentali per la fertilità), i ditteri sirfidi e le coccinelle (predatori di afidi e cocciniglie) e le api, sia per quanto riguarda le api mellifiche che tutte le altre specie (impollinatori).

Valutare la complessità e l’abbondanza delle diverse specie di api in un ambiente agrario permette di valutare vari aspetti allo stesso tempo, come la complessità vegetale e la corretta gestione nell’uso degli agrofarmaci. Solo in un ambiente con una adeguata complessità vegetale e in cui non si verifichino avvelenamenti possono infatti instaurarsi popolazioni molteplici ed abbondanti di apoidei antofili.

Questi insetti, ad eccezione dell’ape mellifica, hanno un raggio di azione molto limitato, in genere di poche decine o centinaia di metri e la loro presenza, varietà ed abbondanza misurano dunque in modo efficace quello che avviene esattamente in una data area. L’ape mellifica ha invece un raggio di azione molto più ampio e le api bottinatrici (quelle che vanno alla raccolta di polline, nettare, acqua, ecc.) hanno in genere un raggio d’azione compreso tra 1,5 e 3 km, potendo però spostarsi anche oltre i 10 km. Questi insetti, quindi, misurano quello che avviene all’interno di un’area molto più ampia, almeno pari a 30 km2.

Inoltre, un altro aspetto che rende le api da miele molto interessanti ed utili nei biomonitoraggi ambientali è la possibilità di gestirle, di monitorarne il loro sviluppo e benessere e soprattutto di raccoglie dalle loro colonie matrici (miele, cera, polline, propoli, api adulte, larve ecc.) andando alla ricerca, mediante raffinate analisi di laboratorio, di contaminanti di varia origine. Tra le varie matrici quella maggiormente utilizzata è il polline, che può essere prelevato alle api prima che venga introdotto nell’alveare grazie alle trappole pigliapolline, utilizzate dagli apicoltori per la raccolta di questo prodotto il cui consumo umano è in grande espansione per il suo valore nutraceutico.

Raccogliere il polline dalle api bottinatrici prima che entrino nell’alveare ci permette di avere una misura di quanto è possibile trovare nell’ambiente in un dato intervallo di tempo. Questo intervallo è molto ridotto, in quanto il polline ha una vita molto breve e quindi quello raccolto oggi dalle api conterrà eventuali contaminanti presenti o immessi nell’ambiente negli ultimi giorni. Per questo motivo la Fondazione Edmund Mach da molti anni si occupa di biomonitoraggio ambientale con le api, sia api mellifiche che gli altri apoidei.

Negli ultimi tempi è stato svolto un monitoraggio a livello provinciale in ambienti interessati in prevalenza da frutticultura, viticoltura, aree urbane e naturali. Lo studio dei pollini raccolti, della loro origine botanica e dei contaminanti rilevati medianti analisi multiresiduali, ha negli anni permesso di mettere in luce le evidenti criticità e di partire da queste per trovare soluzioni alternative, mitigando sempre più gli effetti negativi degli agrofarmaci nei confronti degli impollinatori e, di conseguenza, della biodiversità in generale.

Paolo Fontana
Valeria  Malagnini

Fonte: Fondazione Edmund Mach. Centro trasferimento tecnologico

Info Redazione

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