Apis mellifera ha come areale naturale di distribuzione tutta l’Africa, l’Europa esclusa la Scandinavia e il Medio Oriente. La specie si è adattata ad ambienti ed ecosistemi molto diversi tra loro, dando luogo a una grande variabilità a livello sottospecifico. Ad oggi, sono state descritte circa 26 sottospecie, distinte per caratteristiche comportamentali, morfologiche e su base di evidenze molecolari.
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Le sottospecie di A. mellifera sono interfertili tra loro e nelle zone di confine si riscontra una intergradazione tra una sottospecie e l’altra. L’accoppiamento delle api, diversamente da quanto avviene per altri animali allevati, è di difficile controllo poiché avviene in volo, a volte anche a diversi chilometri di distanza dall’alveare di origine dei riproduttori. Ciò significa che la scelta di utilizzare api di origine diversa da quella locale ha un impatto sulla popolazione di api circostante.
La moderna apicoltura, fatta di nomadismo e di commercio di sciami e api regine, introduce inevitabilmente elementi di variazione rispetto al naturale assetto genetico delle popolazioni di api. A livello europeo c’è una dominanza di alcune sottospecie dotate di caratteri utili per un’apicoltura produttiva, che sono quindi intensamente allevate e commercializzate, a discapito di sottospecie autoctone con caratteri poco “appetibili” per l’apicoltore.
Sono inoltre presenti attività di miglioramento genetico basate sull’incrocio tra sottospecie, sfruttando il vigore ibrido e la ricombinazione di caratteri favorevoli: questo è l’approccio istituito dal frate benedettino “Brother Adam” presso l’Abbazia di Buckfast, ancora attuato oggi da allevatori in tutta Europa.
La situazione in Italia
L’Italia è luogo di origine di A. m. ligustica (naturalmente presente sulla penisola e in Sardegna) e di Apis mellifera siciliana (in Sicilia). La Ligustica è un’ape con caratteristiche favorevoli per l’apicoltura ed è stata esportata in tutto il mondo. La Siciliana invece ha subito la dominanza commerciale della Ligustica e ha rischiato l’estinzione. In Italia, negli ultimi decenni, si è verificato un incremento dell’introduzione di api regine e sciami originanti da incroci interrazziali (Buckfast) o appartenenti a sottospecie non originarie della Penisola.
Le sempre più frequenti segnalazioni in tal senso sono confermate dal crescente numero di campioni non corrispondenti alle sottospecie autoctone riscontrati nelle analisi per la certificazione della sottospecie svolte dal CREA – Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente (e in particolare dalla ex Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura) e dall’I stituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana.
Una delle conseguenze di questo fenomeno è la riduzione o perdita della naturale diversità genetica e dei caratteri di adattamento locale. L’esistenza di popolazioni adattate all’ambiente di origine è stata dimostrata da alcuni studi, il primo in Francia negli anni ‘60, che mostrò che scambiando popolazioni di api tra due ambienti con fioriture particolari, le api evolute nell’ambiente caratterizzato da presenza di fioriture tardive, mantenevano un picco di sviluppo nel periodo corrispondente anche in assenza della fioritura.
Più recentemente, in Italia sono state osservate evidenze di adattamento all’ambiente in subpopolazioni di Ligustica favorevoli per l’apicoltura: api di origine locale tendenzialmente producevano più miele nell’ambiente di origine. Uno studio a livello europeo ha dimostrato che api di origine locale hanno maggiori probabilità di sopravvivenza in situazioni di pressione selettiva (assenza di trattamento antivarroa), che producono leggermente più miele e sono più docili. Infatti, un’altra conseguenza negativa dell’incrocio tra sottospecie diverse è l’incremento dell’aggressività che può comparire nelle generazioni successive.
Biodiviersità e sostenibilità
È dunque evidente che la conservazione della naturale biodiversità di A. mellifera ha un’importanza fondamentale per svolgere un’apicoltura sostenibile e per garantire la sopravvivenza della specie a prescindere dagli apicoltori. In Italia le popolazioni autoctone sono ben presenti ma necessitano di salvaguardia, che può essere messa in atto tramite iniziative di conservazione (aree protette in cui è consentito solo l’allevamento della sottospecie autoctona) e di miglioramento genetico (con l’ausilio di stazioni di fecondazione isolate o inseminazione strumentale), a cui tutti gli apicoltori possono in maniera diversa contribuire, per il bene del settore e dell’ape stessa.
Cecilia Costa
CREA-Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente
Fonte: “API e APICOLTURA” di Veneto Agricoltura.