lunedì , 9 Settembre 2024
apicoltura urbana

Api di città – Intervista a Giuseppe Manno

Secondo l’ultimo rapporto FAO il 37% delle api è a rischio estinzione: da anni gli apicoltori segnalano tassi di mortalità molto elevati per questi insetti e una ingente riduzione nella produzione di miele. Questa perdita di biodiversità interessa in realtà tutto il mondo degli insetti e ha conseguenze significative sull’agricoltura e sulle catene alimentari. Le api sono infatti responsabili dell’impollinazione di circa l’80% delle piante e delle colture selvatiche del nostro pianeta. Si tratta quindi di organismi essenziali per l’equilibrio degli ecosistemi.

La perdita di biodiversità che si sta registrando negli ultimi decenni è dovuta alla rottura dell’equilibrio naturale tra gli organismi viventi. Questo equilibrio è il risultato di milioni di anni di evoluzione, ma è stato messo in crisi in pochi decenni dall’attività umana e dal cambiamento climatico. È quindi necessario prendere consapevolezza dell’importanza di questa biodiversità e della necessità di tutelare quanto più possibile questi ecosistemi. Ne parliamo con Giuseppe Manno, founder di Apicolturaurbana.it, prima realtà in Italia dedicata al mondo dell’apicoltura in un contesto urbano.

In che modo il cambiamento climatico mette a rischio la sopravvivenza delle api?
Influenzando drasticamente l’equilibrio delle stagioni, l’avvicendarsi delle temperature e delle fioriture. Le api vivono in relazione alle fioriture, senza i fiori rimangono senza fonti proteiche come il polline e il miele.

Troppo spesso, ultimamente, le fioriture tendono a concentrarsi in un solo periodo dell’anno e quindi le api hanno meno fonti di nutrimento nei mesi restanti. Il cambiamento climatico ha ridotto i livelli di piovosità e questo mette a repentaglio le fioriture spontanee di primavera. Al tempo stesso l’aumento delle temperature causa un risveglio prematuro delle api.

Di conseguenza, la colonia si trova disorientata, in una situazione in cui non ci sono fioriture e la temperatura è anomala. L’ape regina può cominciare a deporre le uova aspettandosi un’importazione di nettare e di polline, che risulta però non sufficiente per la scarsa fioritura.

Inoltre, il verificarsi di bruschi cali di temperatura rende impossibile scaldare la covata perché non ci sono abbastanza nettare e miele per aiutare le api operaie.

Per questo motivo, all’uscita dall’inverno si assiste sempre più frequentemente a morie di famiglie di api e allo sviluppo di patologie della colonia.

Anche l’attività umana ha contribuito alla scomparsa delle api?
Certamente. L’uomo ha ulteriormente contribuito alla rottura di questo equilibrio sviluppando innanzitutto un modello intensivo di agricoltura. Sono sempre meno gli spazi che si usavano un tempo per delimitare i campi, non ci sono più fasce fiorite, ci sono solamente monocolture estese per chilometri e chilometri. Di conseguenza le api hanno difficoltà a trovare fiori da bottinare. Naturalmente, anche l’utilizzo di pesticidi, erbicidi e concianti ha avuto conseguenze estremamente gravi sulla salute e sulla proliferazione di questi insetti. Negli ultimi anni, però, l’attenzione delle aziende che producono agrofarmaci è migliorata molto e l’uso di questi prodotti è controllato e testato.

Api di città Per di più, anche il modello di apicoltura che si è sviluppato negli ultimi decenni non è sostenibile. L’obiettivo di massimizzare la produzione di miele ha portato allo sfruttamento delle api. In particolare, la pratica del nomadismo per inseguire le fioriture, l’introduzione di antibiotici, l’intervento sul ciclo naturale di sviluppo di questi insetti sono tuti fattori di stress che mettono a rischio la sopravvivenza delle api.

È in questo contesto che è nato il progetto Apicolturaurbana.it Con quali obiettivi?
Ho iniziato a fare apicoltura per hobby, ma molto presto ho percepito le problematiche connesse al cambiamento climatico e all’azione dell’uomo. Le produzioni diventavano sempre più scarse e le api venivano sempre più spesso colpite da patologie. Dopo essere entrato in contatto con realtà estere – metropoli quali Berlino, Londra, Parigi – che avevano già sviluppato progetti di apicoltura urbana, ho deciso di provare a diffondere anche in Italia un modello di apicoltura biologica e sostenibile. Il progetto è nato nel 2016 e mira a creare una rete di aziende che sponsorizzino progetti di tutela degli insetti adottando le api in un contesto urbano. Riteniamo che questo modello di apicoltura possa essere uno strumento di sensibilizzazione su importantissimi temi come l’inquinamento, la scomparsa delle api, il ruolo fondamentale degli insetti impollinatori e l’importanza della biodiversità. L’obiettivo di questa realtà non è tanto la produzione di miele, quanto l’educazione ambientale delle persone.

L’ambiente urbano si presta all’allevamento delle api?
Le api hanno sempre vissuto a contatto con l’uomo in un contesto urbano. Ci sono testimonianze di arnie rudimentali sui tetti delle ville patrizie in epoca romana e durante il Medioevo i monaci avevano colonie di api nei chiostri delle abbazie. Nel passato recente era comune avere arnie nei cortili e negli orti dietro casa perché le api erano fondamentali per la cera.

Oggi la città da un punto di vista floreale sta diventando un rifugio per questi insetti. La grande biodiversità di fiori presenti sui nostri terrazzi e nei nostri parchi permette alle api di vivere in un ambiente in cui hanno sempre la possibilità di trovare nutrimento.

Questa biodiversità si riflette poi nelle caratteristiche organolettiche del miele prodotto dalle “api di città”. Si tratta di un miele che rappresenta migliaia e migliaia di fiori diversi, analizzandolo si trovano pollini anche di piante esotiche. Inoltre nelle città c’è una temperatura leggermente superiore che permette alle colonie di uscire dall’inverno con una mortalità inferiore.

È possibile monitorare lo stato di salute di una famiglia di api?
Sì, è possibile anche se non è semplicissimo dal momento che le api restano animali selvatici. Si utilizzano sensori intelligenti posti all’interno e all’esterno dell’alveare che permettono di raccogliere informazioni relative allo stato di salute e al benessere delle api. Sulla base dei dati raccolti è possibile sviluppare algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere il comportamento di questi insetti. Inoltre, integrando questi dati con i dati climatici e con i dati raccolti dalle analisi sulle matrici ambientali (miele, polline, cera) è possibile elaborare modelli in grado di garantire che la biodiversità dell’ambiente sia buona.

Nel caso si rilevi uno stato di sofferenza è possibile intervenire sia a livello di conduzione delle api sia a livello di ambiente e quindi di biodiversità floreale. Ad esempio, è possibile cercare di garantire l’apporto di polline durante tutto l’anno piantumando specie vegetali che fioriscano in periodi consecutivi.

Le api possono aiutarci a misurare lo stato di salute dell’ambiente?
Certamente, attraverso le api è possibile fare biomonitoraggio ambientale, sfruttando sensori posizionati a livello degli alveari e analizzando le matrici ambientali. Le api volano per chilometri e possono quindi fornirci informazioni molto importanti sullo stato di salute dell’ambiente circostante, coprendo un’area più vasta di 300 ettari. Inoltre, le api prendono dall’ambiente piccole goccioline d’acqua, resine, polline, nettare, quindi mappano il territorio in modo molto preciso. In collaborazione con alcuni enti italiani abbiamo avviato progetti di biomonitoraggio ambientale per controllare i livelli di smog nelle nostre città oppure per studiare l’impatto di discariche e impianti di smaltimento rifiuti sulle aree circostanti. Una sola ape bottinatrice visita in media 2000-3000 fiori al giorno, considerando migliaia di api è come avere centinaia di migliaia di microcampionamenti sul territorio limitrofo.

Api di città È possibile anche analizzare i pollini per comprendere qual è la biodiversità floreale dell’ambiente circostante. Con questa analisi si riesce così a stimare quali sono state le piante più visitate. È possibile inoltre calcolare in modo approssimativo qual è stato l’impatto in termini di proliferazione e quindi di CO2 abbattuta indirettamente da questi insetti.

Quali ritiene siano le azioni più importanti da intraprendere per tutelare gli ecosistemi e questa biodiversità?
Innanzitutto è necessario cercare di raggiungere le istituzioni per avviare un percorso di tutela degli insetti a livello cittadino. Sono sufficienti piccole azioni, come ridurre gli sfalci nei giardini pubblici per avere più fioriture spontanee. Berlino e Parigi hanno vietato l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi nei contesti urbani e nei Paesi Bassi sono state create delle “autostrade per le api”, dei veri e propri corridoi biologici per gli insetti impollinatori.

Ma anche il contributo di ognuno di noi è fondamentale. Una colonna portante della nostra realtà è l’educazione ambientale dei bambini in età scolare. Piccoli bug-hotel costruiti anche con materiali di riciclo possono diventare il fulcro di attività didattiche per trasmettere l’importanza della biodiversità e della tutela di questa famiglia di insetti.

L’Honey Factory presentata all’Expo di Milano e ora collocata ai giardini della Triennale è una struttura che abbiamo progettato appositamente per toccare con mano il modello di società delle api e per fare dell’apicoltura urbana uno strumento di sensibilizzazione. Le api hanno molto da insegnarci e trasmettono valori importanti quali la coesione, l’equilibrio, il lavoro di squadra.


Fonte: biopills.net

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