martedì , 28 Novembre 2023
Miele raccolto con un cucchiaino da un barattolo
Miele, nel mondo se ne consumano 1,9 milioni di tonnellate all’anno. Più di quanto le api ne possano produrre

Come conservare il miele

In questo periodo dell’anno ormai il più è fatto. Il miele è stato raccolto, filtrato e lasciato maturare ed infine invasettato. Ma non finisce tutto qui. E’ risaputo che il miele, se maturo, non abbisogna di alcun trattamento di conservazione e come conseguenza viene detto che il miele si mantiene inalterato nel tempo.

Quest’ultima considerazione non è del tutto esatta. Il miele subisce costantemente delle variazioni di tipo chimico al suo interno fin dal momento in cui viene deposto nelle cellette dell’alveare.

Questo fenomeno viene nel complesso chiamato “invecchiamento” perché i cambiamenti influiscono negativamente sulla qualità di questo alimento. Si verifica una perdita di sostanze volatili che costituiscono l’aroma, un aumento degli zuccheri complessi a spese di quelli semplici, un aumento dell’acidità e dell’HMF, la inattivazione progressiva degli enzimi ed un inscurimento del prodotto. Anche la struttura del miele varia nel tempo, stabilizzandosi in tempi più o meno lunghi e trasformandosi, per la maggior parte dei mieli, in forma cristallizzata.

Se l’invecchiamento risulta un processo ineluttabile, anche per il miele esistono alcune regole di conservazione da tener presenti per evitare che il peggioramento qualitativo sia consistente nel breve periodo. Vediamo di seguito.

Ermeticità dei contenitori:
A causa dell’alta concentrazione zuccherina il miele in ambiente umido assorbe molto velocemente acqua per cui è necessario che i contenitori siano assolutamente ermetici e comunque non rimangano aperti a lungo durante l’uso. Sono quindi da evitare il riutilizzo di tappi a chiusura imperfetta e l’impiego di vasi troppo grandi. Per avere un’idea della forte igroscopicità del miele ecco un esempio significativo:

Equilibrio approssimativo tra l’umidità relativa dell’aria ed il contenuto d’acqua di un miele di trifoglio (L. Piana)

Aria (umidità relativa) 50 55 60 65 70 75 80
Miele (umidità) 15,9 16,8 18,3 20,9 24,2 28,3 33,1

L’aumento del contenuto d’acqua nel miele, se notevole, può portare alla fermentazione, l’unica grave alterazione che può subire ma comunque valori elevati d’acqua favoriscono ed accelerano le trasformazioni chimiche interne alla massa e quindi l’invecchiamento mentre rallentano la cristallizzazione peggiorandone la qualità.

Temperatura di conservazione
L’invecchiamento ed il riscaldamento provocano nel miele gli stessi danni qualitatìvi. Ecco quindi che per mantenere bene un miele bisogna tenerlo il più “fresco” possibile. Non ci sono dati assoluti a cui riferirsi a causa delle tante variabili che possono interferire ma in linea di massima un miele tenuto a temperatura di 20° C d’inverno e 30° d’estate raggiunge i valori limite di HMF e di enzimi già nel giro di due anni. Risulta quindi opportuno conservarlo più fresco possibile e senza sbalzi di temperatura.

La bassa temperatura al di sotto dei 5°C, come per altro anche l’alta sopra i 25°C, rallentano considerevolmente la cristallizzazione e questo, nel caso di mieli che non cristallizzano facilmente o non si vogliono far cristallizzare, può essere interessante. Infatti agli amanti del miele liquido si può suggerire di tenerlo in frigorifero; invecchierà meno rapidamente e rimarrà liquido più a lungo.

Nel caso di mieli che cristallizzano molto velocemente, tipo rododendro o tarassaco o comunque in generale di mieli prodotti nelle nostre valli e che non contengono melata, non conviene tentare di rallentare il processo di cristallizzazione perché si ottengono risultati scarsi e sicuramente difetti nella struttura.

E’ ben risaputo che se la separazione dello zucchero dalla parte acquosa avviene lentamente, provoca l’aggregazione di grossi cristalli e quindi in bocca si avrà una sensazione fastidiosa di sabbiosita o addirittura di grumi duri come sassolini. Conviene in questi casi invece favorire la cristallizzazione  mantenendo la temperatura possibilmente intorno ai 14°C per i mieli con contenuto di ca. 18% d’umidità (per mieli a basso valore o d’umidità è preferibile avere 16°C e viceversa per mieli molto umidi intorno ai 10°C). Una volta ottenuta una buona cristallizzazione se necessario si può procedere alla liquefazione con gli opportuni metodi (blando bagnomaria e piccole quantità di miele).

Soprattutto fare attenzione ai giri d’aria che possono provocare l’apparire di antiestetiche strisce biancastre, tecnicamente chiamate “macchie di retroazione”, causate dalla cristallizzazione accelerata di una sola parte della massa nella zona sottoposta appunto ad una temperatura inferiore. Sono brutte e assomigliano a della muffa e quindi non sono ben accette da parte del consumatore ma non sono assolutamente dei difetti di tipo qualitativo. Un forte sbalzo di temperatura, sia caldo che freddo, può invece provocare sempre sul miele cristallizzato la “separazione di fase”, cioè una precipitazione della massa cristallina ed un affioramento della fase più acquosa, ricca di fruttosio. In questo caso oltre all’inestetismo si può creare un vero e proprio danno qualitativo perché si crea nella parte superiore ricca d’acqua e di fruttosio una situazione di miele che tende ad invecchiare molto rapidamente.

Maria Teresa Lanzinger

Fonte: “Il Mondo delle Api, anno III  numero 5”

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