giovedì , 8 Giugno 2023
Apicoltore che preleva moltissime api morte davanti l'arnia

Gli effetti subletali dei nuovi insetticidi sulle api

Fattori di resistenza delle api alle contaminazioni ambientali

Nel 2011 in Cile l’ Università Tecnica Federico Santa Maria ha effettuato un importante monitoraggio su presenza ed effetto dei pesticidi nei mieli raccolti nella regione cilena di O’Higgins.

La ricerca fa riferimento ad uno studio dell’ Università della Florida sugli effetti dei residui agrochimici in dose non letale sulla popolazione dell’ alveare, in particolare sulle larve. Mentre il tasso di mortalità delle larve negli alveari di controllo raggiunge al massimo il 10%, negli alveari esposti arriva a superare il 50%.

Nei 62 campioni di miele raccolti sono stati rinvenuti: Glyphosate (che causa la morte di circa il 69% delle larve) è stato rinvenuto nell’ 80% dei campioni; Imidacloprid (che causa la morte di circa il 60% delle larve) è stato rinvenuto nel 10% dei campioni; Micobutalin (che causa la morte di circa il 69% delle larve) è stato rinvenuto in meno del 5% dei campioni; Thiametoxam nel 14,5% e Acetamiprid nel 25,8%.

Le prove e le osservazioni in sei postazioni diverse hanno consentito la valutazione simultanea del comportamento di apiari esposti e non esposti. Con una deposizione di uova intorno alle 2000/giorno gli alveari esposti ai pesticidi recuperano nei primi 35 giorni.

Con una deposizione intorno alle 1800 uova/giorno, la popolazione degli alveari esposti diminuisce nel corso dei 35 giorni successivi, dopo di ché si inizia a constatare un incremento. Dopo 90 giorni la popolazione raggiunge un livello di poco inferiore alla popolazione che aveva prima dell’ esposizione. La produzione di miele negli alveari esposti ai pesticidi risulterà inferiore.

Con una deposizione intorno alle 1600 uova/giorno, la popolazione diminuisce sia negli alveari esposti e sia in quelli di controllo, ma la perdita è più significativa negli alveari esposti dove il decremento va dal 10,2% al 31,6%. Anche la trofallassi, che consiste nello scambio di cibo bocca-a-bocca tra le compagne, potrebbe avere un ruolo nel determinare le conseguenze di un avvelenamento.

E’ possibile che con ogni passaggio, per un azione di filtro o di osmosi, le goccioline di nettare contaminato perdano parte del principio attivo tossico; il polline invece viene subito immagazzinato nelle cellette.

Se così è, le famiglie che durante le fioriture tossiche sono più impegnate nella raccolta di polline avranno nel tempo le conseguenze peggiori. Un altro fattore di resistenza delle api è quello osservato da alcuni studiosi americani e chiamato entombing; le api sigillano con propoli le cellette di polline più contaminato. Molte celle di polline sigillate sono state trovate in alveari che, nonostante questo estremo tentativo, successivamente hanno visto la morte.

Valutazione dei dati storici ed epidemiologi

Potrebbe essere molto utile uno studio storico geografico approfondito, per la realizzazione di una cronologia comparata con le segnalazioni degli avvelenamenti, i pesticidi utilizzati in quel periodo e uno studio epidemiologico sulle patologie più diffuse all’ epoca. Un lavoro simile permetterebbe di valutare le possibili relazioni tra il manifestarsi di alcune patologie e gli effetti cronici dei pesticidi che contaminano le api a dosi sub-letali, un concetto nuovo che in passato non è stato preso in considerazione. Molte riviste e libri di apicoltura sono stati pubblicati fin dai primi anni del 1900; ricorrenti sono i resoconti di gravi episodi di apicidi con la distruzione di intere postazioni di alveari.

Un esempio di questo metodo è quello utilizzato dal prof. Alex Lu della Harvard School of Public Health negli Stati Uniti. Osservando come il CCD colpisca più duramente gli apicoltori professionisti che effettuano alimentazione artificiale negli apiari, e come vari fattori di rischio, indicati quali possibili cause del CCD, sono presenti e attivi assai prima del 2006, ha fatto notare la coincidenza temporale fra la manifestazione dello spopolamento delle colonie di api (2006), il crescente utilizzo di insetticidi sistemici in particolare Imidacloprid (2004-2005) e la proposta commerciale di uno sciroppo di fruttosio ricavato dal mais @ (2006-2007) comunemente utilizzato per l’ alimentazione delle api, e nel quale analisi approfondite hanno rilevato tracce di Imidacloprid sotto il livello di quantificazione.

Nel 2010 ha condotto uno studio dal titolo:”Riprodotti in campo i sintomi del CCD”. La prova è stata condotta in quattro siti diversi, e ogni postazione era composta da quattro famiglie che sono state alimentate con sciroppo di mais contenente vari dosaggi di Imidacloprid in dosi sub letali. Dopo 23 settimane il 94% degli alveari era morto con i sintomi del CCD .

Un caso di avvelenamento

Nella seconda metà di agosto 2011 ho potuto costatare direttamente gli effetti degli avvelenamenti sub letali. Sotto una tettoia avevo sistemato quattro alveari senza arnia che erano stati recuperati tagliando i rami di alberi dove le api avevano costruito i favi.

La prima anomalia l’ho notata nella famiglia A: grande agitazione delle api tipica delle famiglie che perdono la regina. Quest’alveare si è rapidamente spopolato. A metà settembre la famiglia era morta; dai favi ho prelevato il polline e le analisi eseguite dall’ IZSLT hanno rilevato la presenza di Imidacloprid: 0,0068 mg/kg =0,0068 ng/mg (Lim. Rilev. 0,0002 mg/kg). Matematica: 0,0068 ng/mg x 65 mg (consumo di polline in 10 giorni) = 0,442 ng/ape che è la quantità di imidacloprid assunta dalle api nutrici in 10 giorni. Il 27 agosto, anche le altre famiglie erano meno popolate, ho dedicato tempo per osservare con più attenzione. La famiglia B , fino a 10 giorni prima, era stato un grosso alveare molto popolato simile alla famiglia A.

L’ osservazione è iniziata verso le ore 17 ; le api arrivano si poggiano sui favi e cadono a terra dove iniziano una danza come quella che serve a comunicare la posizione del luogo dove hanno raccolto.

La danza somiglia a quella circolare, 8 – 15 fino a 20 giri da una parte e poi nell’ altro senso.

All’ inizio i movimenti sono abbastanza coordinati poi, dopo un minuto circa, smette di fare la danza, comincia a camminare, si rovescia sul dorso, ricomincia a fare la danza sempre più scoordinata.

L’ ape è ancora forte e mostra chiari segni di danni al sistema nervoso. Un ape ha iniziato a girare velocissima su se stessa come una girandola. L’ alveare è a 1,5 metri sopra, ma nessuna tenta di risalire sui favi. Dopo un po’ i movimenti rallentano, le api continuano a rovesciarsi spesso sul dorso, infine restano quasi immobili come moribonde. In tre giorni ho raccolto 200 di queste api, che ho subito conservato in congelatore. Le analisi dell’ IZSLT hanno rilevato la presenza di Imidacloprid : 0,2 mg/kg = 0,2 mcg/g (Lim. Rilev. 0,005 mg/kg). Matematica: 0,2 mcg/g x 0,1 g (peso di un ape) = 0,02 mcg/ape che corrisponde alla quantità di imidacloprid trovata sopra o dentro le api. Questa famiglia B è sopravvissuta fino a marzo 2012.

Note: – Il Limite di Rilevabilità (L.R.) ed il Limite di Quantificazione (L.Q.) sono un’importante caratteristica del metodo analitico che identifica il limite inferiore di concentrazione sotto il quale il campione non può essere rilevato (L.R.) o quantificato (L.Q.) con sufficiente probabilità statistica.

-Sistemici sono gli insetticidi i cui principi attivi (p.a.) possono essere assorbiti dalle radici e/o dalle foglie ed essere traslocati nel resto degli organi della pìanta.

– CCD, Colony Collapse Disorder, (in italiano SSA Sindrome dello Spopolamento degli Alveari), è il fenomeno che nel 2006 ha portato a gravi perdite in America.

– La guttazione consiste nell’eliminazione di acqua allo stato liquido dalle foglie che si verifica quando, per l’eccessiva umidità atmosferica, la traspirazione non può avvenire regolarmente o quando la quantità d’acqua assorbita dalle radici è superiore a quella traspirata dalle foglie.

L’ ape come bioindicatore del grado di inquinamento ambientale
“Essa esplora il territorio, raccoglie nettare e polline, si posa sulle foglie, si abbevera all’ acqua dei fossi, si espone, cioè, a tutti i possibili rischi di intossicazione, e la sua morte è sempre un segnale di allarme, da considerare con grande attenzione” (Giorgio Celli).
Le informazioni che ho riportato sono prese dalle riviste e dai siti web di apicoltura; con google è possibile fare ricerche nella vasta letteratura che riguarda i temi della salute e dell’ ambiente, confrontando i dati e i risultati degli studi di enti, ricercatori indipendenti o dei produttori di agrofarmaci.

Prendendo esempio dalle api, potremmo adottare la trofallassi, come modo di comunicazione efficace; quanto scritto è il risultato delle goccioline di informazioni che ho raccolto e confrontato con le osservazioni personali e di altri apicoltori, che a mia volta consegno alla riflessione di quanti sentono la propria coscienza preoccupata, che vogliono essere consapevoli e responsabili nel mondo e nel tempo in cui viviamo.

GRUPPO PER LA PROTEZIONE DELL’APE E DELL’ AMBIENTE massimocittadini@alice.it tel.3497381824 – 06 9252285

Info Redazione

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