In diversi periodi dell’anno si può rendere necessario l’intervento dell’apicoltore per integrare le riserve nutritive presenti all’interno dell’alveare. Così facendo si avrà la certezza che i fabbisogni proteici e zuccherini della colonia siano soddisfatti indipendentemente da condizioni ambientali sfavorevoli o dall’attività particolarmente intensa in determinati periodi.
Infatti, dal momento che il polline è per le api l’unica forma di approvvigionamento di materiale proteico, risulterà utile e spesso necessario somministrare preparati a base di proteine durante i periodi in cui questo scarseggia.
Allo stesso modo deve essere considerata l’importanza di nettare e miele per l’alimentazione zuccherina delle api, anche se bisogna tenere presente che una corretta conduzione della colonia dovrebbe assicurare la presenza di adeguate riserve di miele. Quando le quantità immagazzinate non risulteranno tali da coprire i fabbisogni di carboidrati, il pericolo di un calo di produzione o di scompensi biologici verrà scongiurato mettendo a disposizione della colonia una dose supplementare di zuccheri.
Va a questo punto però ridimensionata l’importanza che un tempo veniva data a tale gruppo di composti. Infatti, se da un lato si può concordare con l’affermazione che i carboidrati stimolino la regina a ovideporre ed abbiano un effetto benefico sull’attività secretrice delle nutrici, dall’altro se ne deve smitizzare l’importanza, ricordando che a poco o a niente servirà una somministrazione straordinaria di carboidrati se ci si trova in uno stato di carenza, o addirittura di assenza di materiale proteico.
Distinguiamo due tipi di alimentazione integrativa zuccherina, una di sostegno e una stimolante. La prima consiste nel somministrare un preparato ad alta concentrazione zuccherina e si effettua a fine inverno o in autunno, in periodi di carenza alimentare in modo da integrare le scorte di carboidrati che risultano inadeguate a coprire la richiesta energetica della colonia. Il secondo tipo di nutrizione, che è meno concentrato del precedente e viene usato preferibilmente liquido, ha invece lo scopo principale di favorire l’ovideposizione della regina.
Le sostanze maggiormente impiegate dall’apicoltore per integrare le scorte di carboidrati delle api sono il miele, il saccarosio (ossia lo zucchero di canna o di barbabietola) e, da pochi anni, anche le altre sostanze zuccherine ottenute con i processi artificiali di idrolisi enzimatica dell’amido.
Vediamo ora le caratteristiche e le modalità di somministrazione di questi prodotti.
Ma, al contrario di quanto si potrebbe supporre: il suo utilizzo nella preparazione di razioni di zucchero supplementari è tutt’altro che ideale. Questo non solo per l’elevato costo che lo rende un materiale antieconomico per tale uso, ma anche a causa del suo intenso profumo che aumenta il rischio dei saccheggi.
Comunque, si deve anche tener presente che è sempre bene evitare l’uso di miele proveniente da fonti sconosciute, dal momento che potrebbe essere veicolo di organismi patogeni, o, in ogni caso, contenere sostanze dannose all’attività biologica dell’ape.
In pratica si può dire che l’impiego di miele nell’alimentazione della colonia va limitato alla restituzione primaverile dei favi ancora pieni, sottratti alla famiglia all’inizio della stagione fredda perché abbandonati dalle api.
Ad ogni modo, ogni qualvolta si intenda somministrare favi di miele, sarà opportuno utilizzare tutti quegli accorgimenti che ne favoriscono una rapida utilizzazione; così facendo, si conterrà entro il limite minimo il pericolo dei saccheggi.
Talvolta le api immagazzinano melata e materiali zuccherini vari dì origine vegetale ma, nonostante si tratti di scorte naturali, questi non sono carboidrati adatti all’alimentazione invernale, essendo ricchi di materiali che le api non sono in grado di digerire e utilizzare come fonte energetica.
Quelli maggiormente impiegati nell’alimentazione della colonia sono lo zucchero di canna e quello di barbabietola, ai quali si sono recentemente aggiunti quei prodotti derivati da processi di idrolisi enzimatica, cui prima si è fatto riferimento (tra questi il principale è sicuramente quello ottenuto dall’idrolisi dell’amido di mais) e il cui uso si va sempre più diffondendo dati gli indubbi vantaggi che presentano. Infatti, nonostante siano caratterizzati da un prezzo leggermente più elevato rispetto agli altri zuccheri, risultano prodotti anche economicamente superiori al saccarosio, poiché hanno una resa nettamente maggiore. Li troviamo sul mercato in confezioni di formato diverso, dai sacchetti di 2,5-3 kg, ai bidoni di 25 kg.
La caratteristica di essere molto vicini al miele, sia da un punto di vista organolettico che come composizione, molto esaltata in un primo momento, si è in seguito rivelata estremamente pericolosa; infatti, essendo in pratica impossibile rilevarne la presenza nel miele, si prestano molto bene a sofisticazioni e a frodi. Per questo motivo dovrebbero essere in commercio solo prodotti individuabili nel miele anche in piccole dosi e che naturalmente assommino a questa caratteristica quella di essere totalmente atossici e di soddisfare le esigenze nutritive dell’ape.
I carboidrati usati per l’alimentazione integrativa possono essere somministrati sotto tre diverse forme: come sciroppo, come candito o tal quale.
Il secondo tipo di sciroppo ha invece una concentrazione doppia, ottenuta mescolando due parti (in volume) di zucchero e una di acqua (2:1). Ha un’azione di supporto, ideale, come prima accennato, per integrare scorte carenti all’inizio della stagione fredda.
Lo sciroppo 1:1 va preferibilmente utilizzato per periodi brevi; infatti risulta un substrato ottimale per lo sviluppo di vari microrganismi, in particolare di un’alga (Leuconostoc).
Entrambi possono venir preparati a freddo o a caldo (49°-66°C). Quest’ultimo modo risulta preferibile, in quanto più rapido, ma può essere tuttavia di difficile applicazione nel caso si debba lavorare su quantitativi di una certa entità.
I tecnici statunitensi, sulla base delle ricerche da loro fatte, consigliano gli apicoltori degli Stati più settentrionali degli U.S.A. che intendono somministrare zuccheri per aumentare le scorte invernali, di fare sì che questa operazione sia completata entro la prima quindicina di ottobre. Suggeriscono invece agli operatori degli Stati meridionali di integrare le scorte in autunno, qualora queste risultino carenti e, nel caso ciò non fosse sufficiente, di somministrare nuovamente sciroppo zuccherino tra gennaio e febbraio.
Praticamente tutti i contenitori a tenuta d’acqua (tubi, vassoi, tegami), con un’adeguata superficie libera, possono essere utilizzati per la somministrazione di sciroppi all’esterno dell’arnia. Pietre, pezzi di legno o materiali simili su cui le api possono appoggiarsi mentre si alimentano devono essere piazzati nel contenitore al fine di evitare annegamenti di operaie.
Gli alimentatori aperti vanno riparati con una tettoia, in modo da proteggere lo sciroppo dalla pioggia o da altri tipi di precipitazione. Dove animali selvatici o uccelli possono rappresentare un problema, è bene prendere provvedimenti per tenerli lontani.
Lo sciroppo zuccherino può essere posto anche all’interno dell’arnia, utilizzando uno dei seguenti metodi:
Si tratta di un recipiente cilindrico piuttosto largo, generalmente realizzato in materiale plastico, che, riempito di sciroppo, viene sistemato tra il coperchio dell’arnia e il coprifavo. Quest’ultimo presenta un foro del diametro di 3-4 cm che consente alle api di accedere direttamente al nutritore.
Anche questo costruito in plastica, o in legno e faesite, è un contenitore rettangolare che viene messo nell’alveare in sostituzione di un telaino, preferibilmente in posizione laterale alla famiglia. Risulta particolarmente indicato per somministrazioni sia di inizio primavera che di primo inverno, quando cioè, data la temperatura rigida, è molto utile, per la colonia, un’alimentazione diretta.
In grossi impianti, dove un elevato numero di colonie è tenuto in uno stesso luogo, si possono usare per la somministrazione sia di sciroppo zuccherino che di acqua, serbatoi con capienza di 250-400 litri, connessi con un contenitore metallico basso e molto largo.
Volendo mettere a disposizione delle api sciroppi zuccherini, i migliori risultati si ottengono operando nelle ore serali, avendo sempre cura di disturbare il meno possibile la colonia e limitando al minimo le dimensioni dell’area utilizzata dalle api per entrare e uscire dall’alveare.
Medicinali e sostanze terapeutiche varie possono venire incorporate allo sciroppo zuccherino, rendendo così più semplice il controllo e la cura delle varie malattie. Ad ogni modo si deve tener presente che non bisogna mai usare farmaci né sciroppo a partire da cinque settimane dall’inizio della posa dei melari, essendo in tale periodo troppo elevato il rischio di contaminazione del miele, dovuto sia a medicinali usati che allo zucchero presente nello sciroppo.
A questo punto si lascia raffreddare (fino a circa 50°C), si mescola nuovamente e si versa negli stampi o direttamente nei nutritori. Il candito, a mano a mano che la temperatura diminuisce, si rapprende ulteriormente, fino a raggiungere una consistenza gelatinosa.
È possibile somministrarlo in due modi diversi: all’interno dell’alveare (sopra i telaini) o in nutritori esterni, avendo sempre cura, in tal caso, di proteggerlo adeguatamente sia da precipitazioni che da eventuali saccheggiatori.
Buoni risultati si ottengono sistemando 0,5-1 kg di saccarosio direttamente sul coprifavo. Per consentire alle api di accedere a questa fonte di alimento, si usa un coprifavo che presenta un foro di alcuni cm, del tutto simile perciò a quello utilizzato per i nutritori da soffitta di cui si è detto prima.
Alcuni apicoltori hanno ottenuto risultati migliori aggiungendo un margine supplementare in legno, in cima alla copertura interna. Così facendo, infatti, si riesce ad aumentare lo spazio utilizzabile per l’alimentazione.
È importante che le api abbiano sempre la possibilità di bere acqua durante il periodo in cui sono sottoposte ad un’alimentazione zuccherina integratrice con prodotti secchi, anche se va detto che è bene che vi sia sempre dell’acqua a disposizione della colonia (e non solo perciò in questo caso particolare).
L’acqua riveste un ruolo essenziale nella dieta dell’ape e una sua carenza si ripercuote negativamente sull’attività delle nutrici, sulla fisiologia e sul comportamento stesso della colonia. L’apicoltore, perciò, dovrà sempre preoccuparsi di anticipare il fabbisogno idrico, presentando l’acqua alle api in contenitori aperti, piuttosto larghi, e deponendo sull’acqua materiali galleggianti quali piccoli pezzi di legno, di sughero e di plastica.
Ester Bonitatibus