Non molti, anche tra la massa di estranei al mondo dell’apicoltura, ignorano oggi le allarmanti notizie che riferiscono del permanere ed anzi del diffondersi e dell’aggravarsi del fenomeno della mortalità delle api che si riscontra in quasi tutte le aree del mondo, con percentuali anche altissime di perdita delle colonie
Sollecitata dalle organizzazioni degli apicoltori , che si sono attivati nello spirito della strategia per la salute degli animali adottata nel 2007 dalla UE per il periodo 2007-2013, anche la Commissione Europea si è mossa ed ha posto allo studio il problema, focalizzandolo in tutti i suoi aspetti.
I risultati dell’approfondita indagine sono stati oggetto di una dettagliata “Comunicazione” che la stessa Commissione ha presentato al Parlamento Europeo.
Quello che colpisce particolarmente in detta Comunicazione è l’affermazione che si legge all’inizio del Capitolo III intitolato “FATTORI CHE INCIDONO SULLA SALUTE DELLE API” , affermazione che viene posta a presupposto di partenza di tutta l’indagine e che così recita:
“…omissis….l’aumento della mortalità delle api….omissis……ha sollevato grande preoccupazione in tutto il mondo, MA GLI STUDI SCIENTIFICI NON SONO STATI IN GRADO DI DETERMINARE NE’ LE CAUSE PRECISE, NE’ LA PORTATA DI QUESTO INCREMENTO DI MORTALITA’.
Un’affermazione simile, per di più autorevolmente pronunciata da un organismo di così alto livello, è tanto stupefacente quanto sconfortante perché è la constatazione di un vero e proprio “fallimento” della ricerca scientifica in questo importante settore, ricerca che, con non trascurabile apparato, ha anche assorbito rilevanti risorse finanziarie (la montagna non ha partorito neppure un topolino!). Questo dato di fatto, conclamato, dovrebbe indurre i responsabili ad una doverosa riflessione e l’argomento meriterebbe di essere affrontato urgentemente ed approfonditamente nelle sedi opportune; uno spunto per questa riflessione potrebbe essere colto dalla situazione di partenza, quando furono avviati gli studi e le ricerche che fin dall’inizio furono concentrate sull’acaro “Jacobsoni”. Circa 20 anni dopo che la varroa aveva invaso l’Europa, un ricercatore australiano fece notare che non si trattava dell’acaro “Jacobsoni” (che non arreca danni all’alveare), ma che ci trovavamo di fronte all’aggressiva VARROA DESTRUCTOR,; è nostra convinzione che i risultati deludenti della ricerca trovino ragione proprio in questa basilare differenza che è probabile sia sfuggita alle valutazioni propedeutiche ai programmi di studio o che, comunque, non sia stata soppesata sufficientemente.
Nel nostro quasi quotidiano rapporto con le api constatiamo direttamente questa preoccupante situazione e vediamo quanto pesi in questa emergenza, tra tutti gli altri fattori, il diffondersi dell’acaro “varroa destructor”, divenuto un problema drammatico per la sua imponenza; quindi, con lo spirito d’impegno che contraddistingue chiunque abbia a che fare, con seria e corretta intenzione, con l’affascinante mondo delle api, abbiamo sentito vivo e alimentato dall’esperienza pratica accumulata in tanti anni di osservazione di quel mondo, il desiderio di poterlo tutelare attraverso la ricerca di nuove strade, di nuovi metodi di lotta contro questo acaro tanto misconosciuto (per molti aspetti), quanto letale.
Ci siamo proposti, innanzitutto, di scartare senza indugi tutte le “profilassi” suggerite dalla suddetta ricerca e che sono state finora propinate, talvolta inopinatamente e con scarso criterio, alle colonie; e questo anche- e forse soprattutto – in considerazione che i prodotti da tempo “in voga”, oltre al fatto di aver via via perduto di efficacia, hanno però mantenuto inalterata la loro deleteria proprietà di inquinamento dell’alveare e dei suoi prodotti.
Con questa convinzione si è riflettuto sulla possibilità di utilizzare componenti di sostanze presenti in natura che potessero svolgere un’azione di contrasto letale o comunque quanto più possibile inibitoria a danno del ciclo biologico dell’acaro o almeno di contenimento di questo flagello.
E’ venuto così costituendosi, intorno ad un’idea inizialmente concepita da alcuni, un gruppo di “volenterosi sperimentatori” che si è man mano incrementato per concatenazione di rapporti di amicizia e di confidenza.
L’idea su cui è basato l’avvio della sperimentazione che stiamo conducendo, riguarda l’uso, con appositi preparati, dell’ACIDO CITRICO che, una volta assunto dall’ape ed entrato in circolo, appare letale per la varroa che si nutre dell’emolinfa che lo contiene.
L’esperimento è iniziato con la fine di Settembre 2010 e viene tuttora portato avanti con formulazioni diverse:
QUANTO A PREPARATI
– succo di limone diluito in sciroppo (acqua + zucchero in proporzione 1:1), gocciolato a volontà sui portafavi del nido e direttamente sulle api; il trattamento può essere ripetuto anche due o tre volte nella stessa giornata;
– zucchero a velo con acido citrico in polvere , spolverato (anche questo “a volontà”) sempre sui portafavi del nido e direttamente sulle api e/o introdotto sul pavimento dell’arnia su apposito fondo di compensato.
QUANTO A CONCENTRAZIONE DI ACIDO CITRICO NEI PREPARATI
Si è iniziato con basse concentrazioni a 3 o 5 per mille, salendo poi gradualmente al 10, 15 ed anche 30 per mille.
Per fornire qualche dato che dia un’idea dell’azione svolta e dei risultati registrati, riportiamo in sintesi quanto osservato in 5 mesi di trattamenti in uno degli alveari di una nostra “postazione” sul Monte Argentario, Provincia di Grosseto (Italy)
Periodo |
Durata in giorni |
Concentrazioni di A.C. |
Varroe cadute |
Media di varroe cadute al giorno |
29/09/2010 – 16/11/2010 |
47 |
3 ± 5 ‰ |
1020 |
22 |
17/11/2010 – 05/02/2010 |
80 |
10 ± 15 ‰ |
2270 |
28 |
06/02/2011 – 28/02/2011 |
22 |
30 ‰ |
460 |
21 |
Totale varroe cadute nel periodo |
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3750 |
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NOTASospeso il trattamento con acido citrico, il 26/10 è stato fatto un trattamento con acido ossalico; nei successivi sette giorni sono state contate circa 950 varroe “abbattute” (pari ad una media di 134 cadute al giorno) che, aggiunte a quelle eliminate dall’acido citrico, elevano il conteggio a ben 4700 acari morti nel periodo di 5 mesi.
CONSIDERAZIONI ED ANNOTAZIONI SU QUESTI PRIMI DATI
– Non sembra, allo stato, che sia strettamente determinante per l’efficacia la maggiore o minore concentrazione di acido citrico;
– Nessuna delle concentrazioni usate ha provocato danno alle api;
– Tra gli acari caduti è stato notato quasi costantemente un misto di varroe adulte (scure), di varroe più giovani (chiare) e varroe giovanissime (bianche e bianchissime) e tra queste anche acari molto piccoli).
– Terminato l’effetto dell’acido ossalico e ripresa, 7 giorni dopo, la somministrazione di acido citrico, le cadute giornaliere sono continuate allo stesso ritmo di prima!
– Alcune volte, nel periodo, tra un trattamento e l’altro sono intercorsi anche molti giorni, ma gli acari hanno continuato a cadere, circa nella stessa misura media giornaliera, anche in questi intervalli.
– La somministrazione dei preparati con acido citrico ha richiesto finora un impegno quasi giornaliero; quindi, allo scopo di alleggerire quest’impegno, riteniamo che sia utile anche sperimentare una distribuzione tramite i nutritori ovvero, là dove ne sia invalso l’uso, con i canditi. Siamo convinti, infatti, che utilizzare questo prodotto ogni volta che ne abbiamo la possibilità ed anche quando si devono integrare le scorte della colonia, potrebbe consentirci:
a) di raggiungere più agevolmente l’obbiettivo di far assumere acido citrico al maggior numero di api possibile;
b) di tenere, così, sotto controllo, insieme all’acaro, anche le vecchie e nuove patologie che sappiamo dallo stesso veicolate.
NOTA
Nell’esaminare i dati suesposti va tenuto conto, che – godendo la zona del Monte Argentario di un microclima che l’avvicina più alle regioni del sud Italia – durante tutto il periodo sperimentale, nell’alveare preso ad esempio non si è mai verificata assenza di covata; ad es., il giorno del trattamento con acido ossalico (26/10) nell’alveare abbiamo constatato la presenza di covata compatta e opercolata su 3 telaini e di covata nuova su 1 telaino. La presenza di covata, sia pure un po’ ridotta, continua tuttora e già dà segni di crescita primaverile.
Per completezza di informazione aggiungiamo che, oltre che con l’acido citrico, gli alveari sono stati trattati, saltuariamente, con polvere di aglio + zucchero nella proporzione di 1:1 in volume e/o con aceto di vino + zucchero nella stessa proporzione di 1:1 però in peso.
INTERROGATIVI
-Quale accorgimento adottare (oltre all’utilizzo dei nutritori e/ dei canditi) per essere certi che l’acido citrico sia assunto da tutte o comunque dalla quasi totalità delle api?
-Come interagisce l’acido citrico con la struttura fisio-chimica della varroa? E’ plausibile che agisca come “sistemico”?
-Per quanti giorni dal trattamento l’acido citrico continua a svolgere il suo effetto letale sulla varroa?
-Quante varroe c’erano all’inizio e quante ce ne sono ora nell’alveare?
-Perché, dopo questo non breve periodo di trattamento, nonostante la caduta complessiva di ben 4700 acari ne continua ancora lo stillicidio?
-Quelle che cadono in un giorno, perché non sono cadute con i trattamenti precedenti? Perché non cadono tutte insieme? Sono troppo blande le concentrazioni usate finora?
-Dove si trovano gli acari che non risentono subito del trattamento?
-Sono ipotesi plausibili:
a) che la varroa abbia un ciclo biologico più lungo di quanto creduto finora e che la sua vita sia caratterizzata da periodi di riposo, da lunghi intervalli tra una deposizione e l’altra?
b) che, perciò, in questi intervalli, il suo ciclo vitale sia rallentato e non abbia bisogno di nutrirsi se non raramente?
c) che quindi, in questi periodi di riposo, trovi rifugio sotto i tergiti e/o gli sterniti che sono le uniche parti del corpo dell’ape dove sta più protetta?
NOTA
Quest’ultima ipotesi (che per noi è quasi una certezza) spiegherebbe il perché nella colonia restano sempre troppe varroe nonostante i numerosi interventi operati dall’uomo per cercare di ridurre al minimo l’infestazione con l’uso di una molteplicità di sostanze e prodotti molto differenziati fra loro anche per composizione chimica di sintesi e/o pseudo-naturale.
QUALCHE CONFERMA
Nel corso dell’esperimento abbiamo appreso, da un sito internet, che analoga iniziativa è stata messa in atto per brevissimo periodo da ricercatori dell’Alto Egitto; i risultati pubblicati confermano, a grandi linee, i dati che abbiamo registrato noi; l’unica difformità sta nel fatto che loro avrebbero constatato che con l’uso delle concentrazioni di a.c. al 20, 25 e 30 per mille rispetto alle concentrazioni al 5 ed al 10 per mille si ha una concreta maggiore efficacia, incremento che invece noi non abbiamo registrato finora. Riteniamo importante evidenziare che anche gli sperimentatori egiziani hanno constatato che nessuna delle concentrazioni di a.c. da loro usate ha recato danni alle api; ne è prova il fatto che la moria registrata nelle arnie trattate è stata addirittura inferiore, in media, a quella riscontrata nelle arnie non trattate.
Comunque, forse anche in ragione del fatto che l’esperimento è durato molto poco (26 giorni), la relazione presenta conclusioni tutt’altro che certe e definitive per cui rimangono aperti tutti gli interrogativi che sopra ci siamo posti.
CONCLUSIONE
Anche noi non possiamo, per ora, giungere a conclusioni certe e definitive perché non sappiamo quanto tempo ci vorrà ancora per rispondere a tutti gli interrogativi suscitati dall’esperienza pratica che stiamo conducendo. Tuttavia, ad oggi, riteniamo di poter senz’altro esprimere la nostra piena soddisfazione per i risultati fin qui ottenuti perchè negli anni precedenti, in questo periodo, abbiamo sempre assistito, impotenti, al collasso di molti alveari e/o all’indebolimento di molte colonie mentre in questi giorni, a seguito dei trattamenti fatti con l’acido citrico, non solo non dobbiamo registrare né perdite né indebolimenti, ma constatiamo con gioia che le colonie con cui ci stiamo avvicinando alla imminente primavera, sono in splendida forma e promettono un altrettanto splendido svolgersi della loro preziosa attività.
Riteniamo che questo importante dato di fatto, concreto ed incontrovertibile, ci autorizzi a coltivare la speranza (molto più che vaga) che non sia lontano il giorno in cui potremo dire di aver del tutto sconfitto il terribile parassita.
Francesco Mussi Luciano Crocini