giovedì , 7 Dicembre 2023
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Sulla responsabilità oggettiva di un apicoltore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 5.11.1993  C.G., premesso di essere  proprietaria  di  una  villa sita in (OMISSIS),  confinante  con  un  terreno  di  proprietà  di  A.E.,  sul  quale  questi  aveva  impiantato  un  alveare  di  oltre 40.000 api,  lamentava  che  detti  insetti infestavano la sua proprietà, creando fastidi e disagi  alle  persone  e  che  danneggiavano  il suo immobile  con  “propoli”,  che  lasciavano cadere sui terrazzi, infissi e parti esterne della  villa.

Conveniva, pertanto, A.E. davanti al tribunale di Napoli per  sentirlo condannare, ex art. 2052 c.c., al risarcimento dei danni  ed  al  rimborso  delle spese occorrenti per la riparazione  delle  parti  danneggiate.

Il convenuto contestava l’assunto.

Il tribunale rigettava la domanda.

Proponevano   appello  C.G.,   T.G.,  B.,    L. e   S..

La  corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 10.1.2007,  accoglieva  l’appello  e  condannava il convenuto  al  pagamento  nei  confronti  degli appellanti della somma di Euro 2.524,06,  oltre  gli  interessi legali e le spese del doppio grado.

Riteneva la corte di merito che dalla consulenza tecnica disposta  in  primo  grado  emergeva che il convenuto aveva 10 arnie e 1 arnietta,  con un numero di api eccessivo rispetto all’estensione del suo fondo,  posto  solo a ml. 180 dalla casa dell’attrice; che le sostanze  scure  che  infestavano  le  terrazze  e  gli  spazi  esterni  dell’immobile  dell’attrice erano propoli, rilasciati dalle api nella loro attività  di “bottinatrici”; che sussisteva la responsabilità del convenuto ex  art. 2052 c.c., quale proprietario di dette api.

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione  A. E.

Resistono  con controricorso gli appellanti. Entrambe le parti  hanno  presentato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione  e  falsa  applicazione  dell’art. 2697 c.c. e  dell’art.  2052  c.c.,  nonchè  l’omesso,  insufficiente  e  contraddittoria  motivazione  e  l’omesso  esame  di  un  punto decisivo della controversia,  a  norma  dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Assume  il  ricorrente  che  la  sentenza  impugnata  ha  violato  la  presunzione  di responsabilità ex art. 2052 c.c., poichè  egli  non  era  proprietario delle api di cui si discute e poichè i  danni  non  erano  stati  causati dalle sue api, atteso che la zona è  piena  di  vegetazione  mediterranea e quindi anche di animali  ed  insetti  che  nella stessa vivono.

2.  Con  il  secondo  motivo  di ricorso  il  ricorrente  lamenta  la  violazione   degli  artt.  2052  e  2967  c.c.,  nonchè   il   vizio  motivazionale dell’impugnata sentenza, a norma dell’art. 360  c.p.c.,  nn. 3 e 5.

Secondo  il  ricorrente illegittimamente è stato ritenuto  il  nesso  causale  tra  il  fatto materiale di tali api,  asseritamente  a  lui  appartenute, e l’evento dannoso lamentato dalla parte attrice, mentre  tale nesso doveva essere provato dal soggetto danneggiato.

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione  dell’art.   2052   c.c.,   per  essere   stata affermata   la   sua  responsabilità  sulla  presunzione di una colpa  in  vigilano  o  in  custodendo, non ipotizzabile in relazione ad animali selvatici, quali  appunto le api.

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4 Commenti

  1. Errore nella presentazione del ricorso, due errori gravi e uno lieve:
    1 la difesa asserisce che il motivo dello sporco di propoli sia dovuta alla posizione della casa all’interno della macchia mediterranea, facendo intendere ai giudici “non competenti” che le api avrebbero potuto sporcare la casa con propoli. mentre avrebbe dovuto, suppongo, precisare che le api, una volta raccolta la propoli non vanno in giro a cercare il nettare come descrive la sentenza sporcando quindi si propoli la casa, ma una volta raccolto la propoli ritornano immediatamente all’alveare a depositarla.
    2 I Giudici hanno inteso nella descrizione del ricorso, così come si legge nella sentenza “insufficiente il terreno di proprietà per alimentare tutte le 10 dieci casette e un nucleo” perdendo di vista che non esiste quantità di terreno sufficiente ad alimentare un alveare ma l’alimentazione è in funzione della produttività nettarifera del terreno spingendo le api fino a 3 km il raggio di azione.
    3 Era necessario richiamare alcune sentenze in riferimento alla semi selvaticità dei gatti, quali animali non controllabili proprio a causa della loro condizione, tra l’altro, a differenza del cane ne è vietata la costrizione.
    Suppongo con queste attenzioni la sentenza forse poteva avere un altro risultato.
    Dopo questo vi consiglio, per autocitarmi, la lettura del mio libro “Apicoltura in Sicurezza” edito da Montaonda Editore con presentazione di dott. Franco Mutinelli direttore dell’ Istituto Zoprofilattico delle Venezie. Buona lettura.

    • L’errore evidente che ha commesso il giudice è stato quello di assegnare la consulenza tecnica di ufficio a un tecnico non esperto in campo apistico.
      Di conseguenza anche il consulente tecnico di parte del convenuto non essendo un esperto apistico non ha saputo contestare la relazione tecnica d’ufficio sui seguenti punti:
      a) Le api raccolgono la propoli nelle ore più calde della giornata, quando è più malleabile, e la trasportano nelle cestelle del polline delle zampe posteriori ma, mai in letteratura si è scritto o letto che le api perdono un quantitativo enorme di pallottoline di propoli da sporcare tutta la zona circostante l’apiario.
      b) La sostanza scura, che sporca le terrazze, gli spazi esterni, e l’immobile, non è la propoli rilasciata dalle api nella loro attività di bottinatrice ma bensì, deiezioni rilasciate durante il normale volo di purificazione, che si manifesta in inverno o in primavera o quando le api hanno la diarrea per alcuni giorni. In questo caso, le deiezioni sono più accentuate, a causa della prolungata dimora all’interno dell’alveare e dell’impossibilità di uscire per liberarsi delle feci.
      c) Che il terreno dove sono posizionati gli alveari è insufficiente a soddisfare tutte le loro esigenze, dimenticandosi che le api nella loro attività di bottinatura, non conoscono i confini di una proprietà, raccolgono il nettare, la melata, il polline e il propoli, risorse di un ciclo naturale di interesse pubblico su una superficie di circa 28 Km2.

    • I dubbi sono:

      = nel raggio di 3km non c’era alcun apicoltore oltre al condannato?
      = api selvatiche neppure? È una zona così degradata?

  2. Cosa non evidenziata ma sicuramente da verificare: come fare a dimostrare che le api che hanno “causato” il danno sono state quelle dell’apicoltore condannato o altre api nel raggio di 3km incluse api selvatiche?

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