SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 5.11.1993 C.G., premesso di essere proprietaria di una villa sita in (OMISSIS), confinante con un terreno di proprietà di A.E., sul quale questi aveva impiantato un alveare di oltre 40.000 api, lamentava che detti insetti infestavano la sua proprietà, creando fastidi e disagi alle persone e che danneggiavano il suo immobile con “propoli”, che lasciavano cadere sui terrazzi, infissi e parti esterne della villa.
Conveniva, pertanto, A.E. davanti al tribunale di Napoli per sentirlo condannare, ex art. 2052 c.c., al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese occorrenti per la riparazione delle parti danneggiate.
Il convenuto contestava l’assunto.
Il tribunale rigettava la domanda.
Proponevano appello C.G., T.G., B., L. e S..
La corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 10.1.2007, accoglieva l’appello e condannava il convenuto al pagamento nei confronti degli appellanti della somma di Euro 2.524,06, oltre gli interessi legali e le spese del doppio grado.
Riteneva la corte di merito che dalla consulenza tecnica disposta in primo grado emergeva che il convenuto aveva 10 arnie e 1 arnietta, con un numero di api eccessivo rispetto all’estensione del suo fondo, posto solo a ml. 180 dalla casa dell’attrice; che le sostanze scure che infestavano le terrazze e gli spazi esterni dell’immobile dell’attrice erano propoli, rilasciati dalle api nella loro attività di “bottinatrici”; che sussisteva la responsabilità del convenuto ex art. 2052 c.c., quale proprietario di dette api.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione A. E.
Resistono con controricorso gli appellanti. Entrambe le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2052 c.c., nonchè l’omesso, insufficiente e contraddittoria motivazione e l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, a norma dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Assume il ricorrente che la sentenza impugnata ha violato la presunzione di responsabilità ex art. 2052 c.c., poichè egli non era proprietario delle api di cui si discute e poichè i danni non erano stati causati dalle sue api, atteso che la zona è piena di vegetazione mediterranea e quindi anche di animali ed insetti che nella stessa vivono.
2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2052 e 2967 c.c., nonchè il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza, a norma dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Secondo il ricorrente illegittimamente è stato ritenuto il nesso causale tra il fatto materiale di tali api, asseritamente a lui appartenute, e l’evento dannoso lamentato dalla parte attrice, mentre tale nesso doveva essere provato dal soggetto danneggiato.
3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2052 c.c., per essere stata affermata la sua responsabilità sulla presunzione di una colpa in vigilano o in custodendo, non ipotizzabile in relazione ad animali selvatici, quali appunto le api.
Errore nella presentazione del ricorso, due errori gravi e uno lieve:
1 la difesa asserisce che il motivo dello sporco di propoli sia dovuta alla posizione della casa all’interno della macchia mediterranea, facendo intendere ai giudici “non competenti” che le api avrebbero potuto sporcare la casa con propoli. mentre avrebbe dovuto, suppongo, precisare che le api, una volta raccolta la propoli non vanno in giro a cercare il nettare come descrive la sentenza sporcando quindi si propoli la casa, ma una volta raccolto la propoli ritornano immediatamente all’alveare a depositarla.
2 I Giudici hanno inteso nella descrizione del ricorso, così come si legge nella sentenza “insufficiente il terreno di proprietà per alimentare tutte le 10 dieci casette e un nucleo” perdendo di vista che non esiste quantità di terreno sufficiente ad alimentare un alveare ma l’alimentazione è in funzione della produttività nettarifera del terreno spingendo le api fino a 3 km il raggio di azione.
3 Era necessario richiamare alcune sentenze in riferimento alla semi selvaticità dei gatti, quali animali non controllabili proprio a causa della loro condizione, tra l’altro, a differenza del cane ne è vietata la costrizione.
Suppongo con queste attenzioni la sentenza forse poteva avere un altro risultato.
Dopo questo vi consiglio, per autocitarmi, la lettura del mio libro “Apicoltura in Sicurezza” edito da Montaonda Editore con presentazione di dott. Franco Mutinelli direttore dell’ Istituto Zoprofilattico delle Venezie. Buona lettura.
L’errore evidente che ha commesso il giudice è stato quello di assegnare la consulenza tecnica di ufficio a un tecnico non esperto in campo apistico.
Di conseguenza anche il consulente tecnico di parte del convenuto non essendo un esperto apistico non ha saputo contestare la relazione tecnica d’ufficio sui seguenti punti:
a) Le api raccolgono la propoli nelle ore più calde della giornata, quando è più malleabile, e la trasportano nelle cestelle del polline delle zampe posteriori ma, mai in letteratura si è scritto o letto che le api perdono un quantitativo enorme di pallottoline di propoli da sporcare tutta la zona circostante l’apiario.
b) La sostanza scura, che sporca le terrazze, gli spazi esterni, e l’immobile, non è la propoli rilasciata dalle api nella loro attività di bottinatrice ma bensì, deiezioni rilasciate durante il normale volo di purificazione, che si manifesta in inverno o in primavera o quando le api hanno la diarrea per alcuni giorni. In questo caso, le deiezioni sono più accentuate, a causa della prolungata dimora all’interno dell’alveare e dell’impossibilità di uscire per liberarsi delle feci.
c) Che il terreno dove sono posizionati gli alveari è insufficiente a soddisfare tutte le loro esigenze, dimenticandosi che le api nella loro attività di bottinatura, non conoscono i confini di una proprietà, raccolgono il nettare, la melata, il polline e il propoli, risorse di un ciclo naturale di interesse pubblico su una superficie di circa 28 Km2.
I dubbi sono:
= nel raggio di 3km non c’era alcun apicoltore oltre al condannato?
= api selvatiche neppure? È una zona così degradata?
Cosa non evidenziata ma sicuramente da verificare: come fare a dimostrare che le api che hanno “causato” il danno sono state quelle dell’apicoltore condannato o altre api nel raggio di 3km incluse api selvatiche?