martedì , 28 Novembre 2023
Un pò di buona stagione per le api. Pag. 1 di 2

Un pò di buona stagione per le api. Pag. 1 di 2

L’anno trascorso sarà un anno che gli apicoltori ricorderanno a lungo. Ci sono annate ordinarie, altre scarse, altre discrete e altre ancora ottime. Per fortuna abbastanza raramente arrivano stagioni a dir poco tragiche com’è stata quella che abbiamo trascorso quest’anno. L’attesa è cominciata da marzo quando, fiduciosi in un decorso normale, tutti gli apicoltori si sono affrettati ad avviare i lavori di preparazione degli apiari per le grandi raccolte.

Quando nel corso dell’impollinazione dei fruttiferi si è vista una stagione poco clemente, assuefatti alle bizzarrie primaverili del tempo, gli apicoltori hanno rimandato le aspettative ai raccolti successivi. Venuta la volta dell’acacia, sempre titubanti gli apicoltori hanno compiuto anche questo secondo passo che però non ha sortito risultati positivi. Così la cosa è andata avanti esasperando gli animi (e le finanze) degli apicoltori fino alla prima decina di giugno. Della primavera quest’anno non c’è traccia e poiché, come si dice le disgrazie non vengono mai sole, all’inclemenza climatica si sono aggiunte altre avversità: ad esempio diarree nelle zone collinari e montane, legate alle forti produzioni di melata dell’autunno precedente. La prolungata clausura delle api ed il clima umido hanno favorito anche il riaffermarsi di altre malattie come la nosemiasi e la peste europea. Sullo sfondo la varroasi propone un fronte d’attacco sempre più vasto e capillare. Intanto ognuno a casa sua, aspettando tempi migliori, ha riversato nei propri alveari fiumi di zucchero per sostenere le famiglie esaurite dall’eccessivo prolungarsi del maltempo.

Un pò di buona stagione per le api. Pag. 1 di 2Giunto finalmente il bel tempo le cose non si sono riassestate tanto in fretta: un evidente disordine è avvenuto nella successione delle fioriture in quanto è venuta meno quella scalarità che ogni primavera consentiva uno sviluppo progressivo delle colonie. Col sole di giugno tutte le piante sono fiorite contemporaneamente: nelle zone appenniniche troviamo così il ranuncolo insieme al tarassaco, l’acacia insieme alla lupinella, al ginestrino e al meliloto mentre il castagno, ormai già pronto, non tarderà a sopraggiungere. Anche le api hanno risentito dell’anormale decorso della stagione per la mancanza di un appropriato sostegno alimentare. Così dopo il maltempo si è verificata una sciamatura scomposta e controproducente. È anche vero che, di fronte a tanto accanimento, la natura sa anche dimostrarsi prodiga sicché, superato un primo riassestamento, le cose si sono abbastanza normalizzate e per quanto riguarda i raccolti estivi si è potuto compensare lievemente l’andamento della stagione. Negli apiari si è quindi passato ai lavori stagionali correnti che cominciano con il controllo e la sovrapposizione del primo melario.

Il controllo degli alveari
Conclusosi il controllo della sciamatura la fase successiva riguarda l’apposizione del primo melario. Regola fondamentale di questa prima operazione è un approfondito controllo delle condizioni del nido: devono essere presenti una buona ed estesa covata in grado di rimpiazzare le bottinatrici e una discreta scorta di nuove provviste. Attenzione particolare va riposta nell’accertamento di eventuali celle reali: l’inevitabile sciamatura che ne conseguirebbe renderebbe inutile e controproducente l’aggiunta di melario; si deve invece distruggere ogni celletta e tornare a controllare pochi giorni dopo. La forte concentrazione di api e di provviste nel nido non richiederà ulteriori visite ma la sovrapposizione del melario.

I telaini dei melari vanno accuratamente controllati: si scarteranno quelli che hanno contenuto covata in quanto le scorie larvali conferirebbero al miele un colore e un sapore poco idonei. Perché la regina non salga a deporre nel melario si possono adottare diversi sistemi. Tra questi il principale è quello di far lavorare i favi da melario solo in fase di piena produzione; in questo modo le cellette verranno costruite secondo l’esigenza del momento di costituire scorte di miele e perciò saranno più inclinate e più profonde. Queste cellette da miele risultano poco gradite alla regina che difficilmente vi salirà a deporre. Per lo stesso motivo si pongono in genere soltanto nove telaini in modo da consentire alle api prolungare le cellette fino a profondità consistenti (le cosiddette «celle irnperìali»), elemento questo che contribuisce a scoraggiare la deposizione. Diverso è il problema se si analizzano le arnie marchigiane (oggi in disuso) nelle quali il diverso rapporto tra spazio-nido e spazio-melario comporta comunque la tendenza della regina a salire. In questi casi si rende d’obbligo l’uso dell’escludi-regina. Alcuni pongono il melario con i favi perpendicolari al senso di quelli del sottostante nido ottenendo così il risultato voluto.

Un secondo melario
Quando attraverso saltuari e rapidi controlli accerteremo il quasi completo riempimento del primo melario sarà giunto il momento di apporne un secondo. Forse quest’anno saranno una minoranza gli apicoltori che potranno arrivare a questo traguardo, anche se tutti ce lo auguriamo sentitamente. Il secondo melario va interposto tra il nido e quello già riempito. Poichè le api tendono a depositare il miele in corrispondenza della sottostante covata trascurando le parti più laterali del melari sarà opportuno far compiere una certa rotazione ai favi portando quelli già pieni opercolati ai lati estremi e disponendo al centro quelli che contengono solo pochi tratti di miele. Continua alla Pag. 2 di 2

Lorenzo Benedetti
Fonte: L’Ape Nostra Amica anno VI n. 4

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