Febbraio, bussa alla porta con il suo tempo incerto fra giornate fredde intercalate a qualche giornata di bonaccia che fa intravvedere l’arrivo lento della primavera. Già abbiamo qualche ora di luce in più e svegliando nell’animo degli amanti della natura e specialmente nell’apicoltore un senso di speranza e di ottimismo nel nuovo anno che sta per aprirsi con corolle nuove a dar vita a milioni di fiori profumati e pieni di nettare e polline, pronti per essere donati all’uomo dalla nostra amiche api.
In questo mese passeggiando ai margini del bosco nelle zone più soleggiate si nota già l’erica carnea ricca di nettare, il nocciolo con i suoi salamini grondanti di polline, il salice con le sue gemme dorate e molto ricche di polline e propoli. Lungo le strade si vedono qua e là i bottoni gialli del farfaro altrettanto ricco di sostanze utili all’ape e benefiche per l’uomo.
Questo è il momento del risveglio delle api che piano piano nelle ore più calde escono per i voli di purificazione e con l’apporto del primo raccolto di nettare e polline. La regina che già a gennaio ha cominciato la deposizione aumenta gradatamente la rosa di covata che è molto utile per sostituire le vecchie api che hanno svernato dentro l’arnia e con l’aprirsi della stagione senz’altro moriranno presto.
È il momento più delicato nel quale l’apicoltore deve avere l’occhio attento e osservare prima di tutto il comportamento delle api ai primi voli e cioè se la mortalità è eccessiva, se le defécazioni delle api sono chiare o scure, se sporcano in volo a ridosso dell’arnia o dentro, potrebbe essere segno di diarrea o altro come nosema, amebiasi, micosi o altre malattie ben più gravi (speriamo di no). Certamente non basta l’occhio per una diagnosi sicura e quando sorgono i dubbi è bene prelevare qualche campione e inviarlo all’istituto zooprofilattico per un’analisi precisa, così si avrà modo e tempo per eventuali cure del caso.
Durante il mese di febbraio è utile fare le prime visite agli alveari per constatare lo stato di salute e la consistenza delle scorte. Si attende una bella giornata di sole e nelle ore più calde piano piano si leva il coprifavo tenendo a disposizione un panno o una coperta che sarà messa al posto delle assicelle, scartandole man mano che si alzano i favi, senza levarli completamente dal nido. Si osserva se esiste covata, non occorre cercare la regina perchè già la covata ci garantisce della sua presenza, poi si controllano le scorte a seconda della forza della famiglia. Se c’è qualche telaino vuoto o abbandonato dalle api si deve levare, restringendo così il nido.
Sembra strano, ma è proprio in questo periodo che si conclude l’invernamento delle api, perchè è quello in cui hanno maggior bisogno di calore per la nuova covata, è anche il periodo in cui le api sono ridotte al minimo delle famiglie. È consigliabile usare pochissimo fumo, il minimo indispensabile per non disperdere le api poichè verrebbe così a mancare il calore necessario per la covata.
Se le scorte sono molto scarse si può intervenire con i telaini di miele graffiato, per chi ne ha di scorta, o altrimenti con del candito posto sopra i favi, mai con sciroppo liquido fintanto che l’ape non vola tutti i giorni e non è iniziata la stagione del primo raccolto.
Osservare bene se c’è umidità eccessiva dentro l’arnia, in quel caso allargare un pò le porticine allo scopo di far circolare più aria e restringerle più tardi quando aumenterà la covata e avrà bisogno di più calore.
Osservare con attenzione poi i telaini laterali contenenti polline e se si nota quella caratteristica muffetta biancastra o verdolina, levarli senza indugi ed eliminarli per evitare così il formarsi di micosi che fanno più danni di quanto si creda.
Le api imbrattandosi di questa muffetta e trasportandola in tutto il nido provocano la diffusione di diverse malattie come covata calcificata, covata pietrificata (che colpisce pure l’ape adulta) e covata a sacco. È comprovato che queste malattie anche se dette secondarie e per le quali esistono antidoti sufficientemente validi possono fare dei danni notevoli e portare ad un graduale indebolimento dell’alveare e sicuramente al mancato raccolto. Solo l’occhio attento dell’apicoltore può ovviare a questi inconvenienti operando con tempestività e diligente accortezza. Effettuando questa prima visita, abbastanza svelta ma attenta, bisogna rimettere tutto a posto come prima in attesa dei primi segnali della primavera per un secondo controllo che sarà più preciso e capillare e del quale, assieme ad altri consigli, parleremo nel prossimo mese.
Vi auguro buon lavoro e una proficua ed ottima stagione apistica.
Pietro Francescatti